WikiLeaks, prima udienza per l’estradizione negli Usa di Assange
La lotta degli Stati Uniti per l’estradizione di Julian Assange potrebbe essere a un punto di svolta. Dopo la sentenza arrivata dalla Southwark Crown Court, che lo ha condannato a 50 settimane di carcere per violazione della libertà provvisoria, oggi (2 maggio) il tribunale di Westminster ha ospitato la prima udienza per decidere sull’eventuale rientro negli Usa.
In collegamento dal carcere di Belmarsh dove è detenuto, Assange ha confermato la sua opposizione alla richiesta di estradizione: «Io non intendo consegnarmi per aver fatto attività di giornalismo grazie alla quale sono stati vinti molti premi e sono state protette molte persone». Anche i legali hanno sostenuto la stessa posizione, annunciata già ieri. La prossima udienza è stata fissata per il 30 maggio.
Assange è stato arrestato all’interno dell’ambasciata ecuadoriana di Londra lo scorso 11 aprile, quando l’Ecuador, in accordo con il Regno Unito, ha revocato il diritto di asilo all’attivista australiano. Secondo quanto riportato dal New York Times, il presidente sudamericano Lenin Moreno lo avrebbe «venduto» agli Usa in cambio di sconti sul debito. Assange risiedeva nell’ambasciata da 7 anni, da quando nel 2012 vi si rifugiò per evitare di essere estradato in Svezia, dove era stato accusato di stupro – mossa che gli è costata la condanna di quasi un anno di reclusione dal 1 maggio.
Gli Stati Uniti accusano il fondatore di WikiLeaks di presunta pirateria informatica, in relazione alla sua collaborazione con Chelsea Manning, l’ex analista dell’intelligence americana incarcerata nel 2010 e condannata a 35 anni di carcere – poi liberata nel 2017 dall’allora presidente Barack Obama e finita in prigione nuovamente il mese scorso per essersi rifiutata di testimoniare contro WikiLeaks. Secondo il grand jury statunitense, che ha emesso un documento di sei pagine, Assange avrebbe incoraggiato Manning a decifrare la password di un database del governo, collaborando attivamente.
Il documento del dipartimento di Giustizia, riferendosi ad alcune conversazioni private tra i due, afferma che l’attivista australiano «ha aiutato Manning a decifrare la password». Non essendo citato né il presunto rapporto con la Russia durante le elezioni del 2016 né l’ipotesi di spionaggio, la condanna massima per violazione di una password governativa è di 5 anni.
Una delle tappe più importanti dell’operato di WikiLeaks risale al 2010 quando, grazie alla collaborazione di Manning, Assange pubblicò sul sito un video testimoniante alcuni militari statunitensi, impegnati nella guerra in Iraq, sparare da un elicottero Apache sulle vie di Baghdad e uccidere 12 civili disarmati. L’azione militare risaliva al 2007 e cambiò radicalmente lo sguardo del mondo sull’operato degli Stati Uniti: tra le vittime c’erano anche due giornalisti della Reuters. Il video si intitolava Collateral Murders, omicidi collaterali.