Facebook rimuove i profili di provocatori di destra, antisemiti e omofobi: «incitano all’odio»
Può essere interpretato come un segnale del fatto che i social media si stanno rendendo conto di essere il fulcro della trasmissione di bufale e incitamento all'odio. Facebook ha rimosso gli account – anche Instagram – di alcune figure pubbliche statunitensi citando delle possibili violazioni della sua politicasui discorsidi incitamento all'odio e la promozione della violenza.
Tra gli account rimossi, quello di Alex Jones, conduttore radiofonico e complottista di destra il cui account Twitter era già stato chiuso. Per anni Jones aveva usato il suo canale Facebook per spargere l'idea che la sparatoria di Sandy Hook, in cui sono morti 20 bambini, fosse una bufala. I suoi follower gli hanno creduto e hanno iniziato a tormentare online i genitori delle vittime. Il conduttore è ora sotto processo per diffamazione.
Tra i profili rimossi anche quello di Louis Farrakhan, fondatore diNation of Islam, movimento religioso considerato antisemita, ma anche omofoboe misogino. A chiudere la lista dei censurati illustri troviamoMiloYiannopoulos, ex editor di Breitbart news, provocatore di estrema destra, Paul Nehlen, nazionalista bianco che si è candidato al Congresso nel 2018, e Paul Joseph Watson, un teorico della cospirazione.
La politica di Facebook riguardo alle bufale e al discorso di incitamento all'odio non è chiaro. Lo scorso luglio, Facebook ha twittato: «Non pensiamo che eliminare delle pagine che promuovono teorie complottiste sia la soluzione». In agosto, quando il social network ha eliminato quattro pagine legate a Jones, ha affermato di averlo fatto non perché queste promuovessero teorie cospirazioniste, ma perché «glorificavano la violenza».Questo aprile invece, Facebook ha annunciato un nuovo progetto chepunta ad identificarei gruppi che alimentano la diffusione difake news, e a renderlo meno «visibili». Un provvedimento chenon resterà confinato ai soli contenuti testuali, ma riguarderà anche i video.
Secondo Robert McNamee, un investitore di Silicon Valley intervistato dal Los Angeles Times, il modello di business di Facebook riposa sul promuovere contenuto che stimola paura e indignazione. Rimuovere qualche celebrità, secondo lui, non ha nessun impatto: «Facebook sta sacrificando una manciata delle voci più estreme e violente per proteggere la più larga base di utenti, di cui ha bisogno per massimizzare i suoi profitti».