La casa editrice di CasaPound al Salone del libro. Gli autori che hanno abbandonato l’evento
Complice probabilmente lo scenario politico, sono giorni che il Salone del Libro – in programma al Lingotto Fiere di Torino, dal 9 al 13 maggio – è al centro di alcune polemiche. Il motivo è la presenza tra gli stand di Altaforte, casa editrice vicina a CasaPound. Negli ultimi giorni è stata diffusa la notizia che Altaforte pubblicherà un libro-intervista al ministro dell’Interno: Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio.
L’intervista è curata dalla giornalista Chiara Giannini, la prefazione è invece di Maurizio Belpietro. Si era vociferato che, in occasione del Salone, il ministro dell’Interno avrebbe presentato il suo libro allo stand della casa editrice, quindi senza avvalersi di un evento ufficiale in una delle sale congressi. La notizia, in ogni caso, è risultata falsa.
Il 2 maggio, il direttore del Salone, Nicola Lagioia, è intervenuto sull’argomento con un lungo post su Facebook, in cui ha tenuto a fare alcune precisazioni. Come il fatto, per esempio, che gli uomini politici sono stati invitati a presenziare al Salone «solo in veste istituzionale, come semplici lettori». Lagioia ha poi sottolineato che la scelta del programma è responsabilità sua e del Comitato editoriale ma non lo è quella degli stand.
Oggi, sabato 4 maggio, è intervenuto sul caso proprio il Comitato editoriale. Nel post si è fatto riferimento all’articolo 21 della Costituzione che garantisce a tutti «la libertà di pensiero e di espressione». E poi si è ribadito che tocca alla magistratura giudicare chi «persegua finalità antidemocratiche. È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri».
Ad aggiungere altra legna al fuoco ci aveva pensato Christian Raimo – assessore alla Cultura del III Municipio della Capitale e consulente del Salone del Libro – che, dopo le tante polemiche per il suo post a riguardo, in serata ha dato le sue dimissioni.
Ho deciso di presentare la mie dimissioni dal gruppo dei consulenti per proteggere il Salone del Libro di Torino dalle polemiche che hanno fatto seguito a un mio post, pubblicato a titolo strettamente personale.
Il Salone del Libro di Torino è uno spazio di libertà, di dibattito e confronto di idee, di cultura e di apertura, di molteplicità e democrazia. È il risultato del lavoro appassionato e della dedizione di centinaia e centinaia di persone. È importante per il paese e appartiene a tutti.
Pubblicato su Facebook ieri, 3 maggio, il post che ha creato molti problemi a Raimo è stato prontamente cancellato dopo nemmeno 24 ore. Ma nel frattempo era stato ripreso da diversi utenti.
Nel testo del post, Raimo dice di alcuni giornalisti e intellettuali che con i loro libri porterebbero avanti un’idea di “razzismo esplicito”. Il messaggio ha destato l’attenzione del mondo della cultura, soprattutto per via di una sorta di lista di proscrizione stilata dall’assessore con nomi di scrittori che secondo lui «ogni giorno in tv e sui giornali sostengono», appunto, «un razzismo esplicito».
Sull’episodio che ha visto protagonista Raimo si è espresso il sottosegretario ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni: «Le accuse di fascismo e razzismo rivolte pubblicamente ad alcuni giornalisti italiani da parte del consulente del Salone del libro di Torino, Christian Raimo, sono di una gravità inaudita. Esprimo loro la più totale solidarietà e vicinanza». Solidarietà anche da parte di Nicola Porro tramite il suo blog, così come da Alessandro Gnocchi, firma de Il Giornale, che ha scritto un commento sulla vicenda.
La solidarietà a Raimo è arrivata invece dal collettivo Wu Ming. Wu Ming 4 – pseudonimo di Federico Guglielmi, scrittore e membro del gruppo – ha deciso di annullare la propria partecipazione alla kermesse letteraria: «La settimana scorsa abbiamo annunciato la partecipazione di Wu Ming 4 al Salone per presentare l’antologia di suoi scritti su J.R.R. Tolkien, Il Fabbro di Oxford, in uscita per la casa editrice Eterea. Oggi annunciamo che la presentazione è annullata».
Il collettivo si scaglia contro gli organizzatori, rei – secondo loro – di aver compiuto un ulteriore passo verso «l’accettazione delle nuove camicie nere», e ribadiscono: «Noi non abbiamo intenzione di condividere alcuno spazio o cornice coi fascisti. Mai accanto ai fascisti. Per questo non andremo al Salone del Libro».
Della stessa idea di Wu Ming è anche Carlo Ginzburg, storico e saggista, nonchè figlio di Leone e Natalia Ginzburg: «Annullo la mia partecipazione», ha detto. E tiene a sottolineare che la sua è un scelta politica, «che non ha nulla a che fare con la sfera della legalità».
Francesca Mannocchi, giornalista e scrittrice, si unisce al coro. Anche lei ha deciso di annullare il proprio intervento al Salone e lo ha fatto sapere con un post sul suo profilo Facebook: «Non sarò al Salone di Torino a parlare del mio libro e di migrazioni, dell’oblio dei morti nel Mediterraneo e delle politiche che l’hanno generata. Ho deciso di annullare la mia presenza. Sarebbe stato troppo il disagio, personale e politico».
La lista di chi diserterà l’evento si allunga con il comunicato dell’Anpi di qualche ora fa. L’Associazione partigiani fa sapere che la sua presidente, Carla Nespolo, ha annullato la partecipazione al Salone. «Il motivo – si legge nel comunicato- è legato all’intollerabile presenza al Salone della casa editrice Altaforte che pubblica volumi elogiativi del fascismo oltreché la rivista Primato nazionale, vicina a CasaPound e denigratrice della Resistenza e dell’Anpi stessa».
Altro assente sarà Michele Rech, per gli amici Zerocalcare, uno dei fumettisti più in voga in Italia. Anche lui, con un messaggio scritto sulla bacheca Facebook, fa spaere di aver annullato i suoi impegni con il Salone: «mi è davvero impossibile pensare di rimanere 3 giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale».
E conclude: «non è che io so diventato più cacacazzi negli ultimi tempi, anzi so pure molto piu rammollito, è che oggettivamente sta roba prima non sarebbe mai successa. Qua ogni settimana spostiamo un po’ l’asticella del baratro».