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Francesco Polacchi e la manifestazione di piazza Navona: fu condannato a 1 anno e 4 mesi – La sentenza

09 Maggio 2019 - 06:28 Sara Menafra
Ecco cosa dice la sentenza del giugno 2017 a proposito del ruolo di Polacchi nella manifestazione che lo vide in prima fila

Giovane editore diventato, dopo questa settimana, anche di successo visto il picco di acquisti del libro Io sono Matteo Salvini, e contestato ospite del Salone del libro di Torino, Francesco Polacchi che guida Altaforte e l’etichetta di abbigliamento Pivert, ha però avuto finora anche diversi guai con la giustizia.

I giornali ne hanno parlato, ricordando una carriera che va dall’espulsione dal Convitto nazionale quando era ancora al liceo, a Roma, all’episodio del 2007 quando, ad appena 21 anni, viene allontanato dal comune di Porto Rotondo, in Costa Smeralda, per aver aggredito con altri 14 camerati quattro ragazzi di Sassari: uno di questi lo riconosce come colui che lo avrebbe accoltellato alla pancia e per questo Polacchi viene iscritto al registro degli indagati per tentato omicidio, sebbene il reato – poi derubricato in lesioni dolose – sia finito in prescrizione.

I fatti di piazza Navona

Una condanna per episodi piuttosto brutti, però, Polacchi l’ha rimediata. E proprio per i fatti collegati alla foto in cui appare in prima fila a piazza Navona mentre brandisce un bastone. La sentenza di primo grado, pronunciata nel 2017 dal giudice Eleonora Santolini – parla chiaro: due anni e quattro mesi, sia per gli scontri con i militanti antagonisti pure loro in piazza, sia perché prima che tutto iniziasse avrebbe aggredito un uomo ben più grande di lui, all’epoca 37 enne, che sostava poco lontano dandogli botte in testa e facendolo svenire. La vittima ha poi dichiarato di aver subito un intervento per un ematoma al cervello, anche se nella sentenza si parla di lesioni semplici.

I fatti sono del 29 ottobre 2008, ai margini di una manifestazione che contesta la riforma Gelmini in piazza Navona, a pochi metri dall’ingresso del Senato. Ad indire la protesta sono gli studenti medi di sinistra che, dice la sentenza, quando vedono arrivare i militanti del Blocco studentesco, l’organizzazione giovanile di CasaPound, chiedono rinforzi all’ area antagonista. Proprio questi ultimi, universitari ed esponenti dei centri sociali, arrivano in piazza poco dopo e – dice ancora il giudice – sono loro ad aggredire per primi gli esponenti del Blocco studentesco quando li vedono schierati con i bastoni. Proprio per l’assetto, l’atteggiamento e le prime aggressioni fatte da questi ultimi, il giudice dice che anche se i centri sociali sono i primi a lanciare oggetti contro il gruppo neofascista, non c’è sproporzione tra le due azioni:

Entrambele fazioni inequivocabilmente connotate dalla volontà di aggredirsi reciprocamente si sono contrapposte senza alcuna sproporzionalità fra le posizioni dal momento che entrambe si munivano di oggetti contundenti per addivenire all’impatto frontale.

Cosa fa in quella situazione Polacchi? La sentenza ha considerato provate due accuse (l’adunata sediziosa e il porto d’armi nel frattempo si sono prescritti). Prima di tutto, manco a dirlo visto che nelle foto è perfettamente riconoscibile, partecipa agli scontri in prima fila, usando anche il bastone. Prima, però, e questa vicenda era poco nota, assieme ad altre 5 persone ha aggredito un uomo di quasi quarant’anni che si trovava accanto al camioncino dei Cobas. La scena avviene proprio appena il furgone di CasaPound è giunto non lontano dalla piazza:

La parte offesa dichiarava come alcuni giovani sopraggiungendo sulla piazza con altro camioncino e brandendo cinghie e caschi lo avessero dapprima improvvisamente accerchiato e poi colpito ripetutamente sino a quando raggiunto da alcune cinghiate alla testa non aveva perso i sensi.

In seguito ai fatti, la vittima sarà operata per un ematoma alla testa.

Le altre accuse

Oggi il processo per quella vicenda è in appello, ma intanto il curriculum di Polacchi si è esteso: l’aggressione a Federica Sciarelli quando mostrò le immagini di quei fatti; tafferugli a Casalbertone, dopo l’aggressione da parte degli attivisti del Circolo Futurista ad un antifascista; un’azione dimostrativa alla sede dell’Unione europea a Roma; e infine – ormai nel 2017 a Milano – l’aggressione a palazzo Marino dei rappresentanti dell’associazione “Nessuna persona è illegale”.

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