Emanuele Scieri, la salma sarà riesumata. Il fratello: «Ce l’hanno ammazzato, nessuno potrà più restituircelo»
«Ce l’hanno ammazzato due volte, nessuno potrà più restituircelo», a parlare a Open è Francesco, fratello di Emanuele Scieri, il parà siciliano di 26 anni trovato morto nella caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999 per il quale la Procura della città toscana ha disposto la riesumazione della salma. Ci sono voluti 19 anni per capire che non si trattava di un semplice suicidio ma che, dietro al suo decesso, probabilmente c’era l’ombra del nonnismo.
La nuova indagine
La svolta arriva a fine 2017 grazie a una commissione parlamentare d’inchiesta, istituita ad hoc, che per la prima volta parla di omicidio e avanza dei dubbi sulla ricostruzione ufficiale dei fatti. La Procura iscrive nel registro degli indagati, con l’accusa di omicidio volontario, tre commilitoni del giovane siciliano. Ai domiciliari finisce Alessandro Panella, ex caporale della Folgore (che adesso ha soltanto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) mentre Andrea Antico e Luigi Zabara, gli altri due militari, vengono indagati. «Come possono vivere con questo rimorso?» si chiede ancora oggi il fratello Francesco.
Ansa |La famiglia di Scieri durante il funerale
Emanuele, siracusano, voleva fare l’avvocato, era nel pieno della sua giovinezza, era intelligente, solare e mai avrebbe mai accettato di sottoporsi a prove fisiche che mettessero in gioco la sua dignità. Come non avrebbe accettato alcun tipo di nonnismo, neppure all’interno di una caserma dove, come emerge dalle audizioni della commissione parlamentare d’inchiesta, erano ampiamente tollerati. Questa potrebbe essere stata la sua condanna a morte: ne è convinto il fratello Emanuele che si batte insieme alla madre Isabella per ottenere verità e giustizia.
Quella sera del 13 agosto 1999 Scieri sarebbe stato svestito, percosso con calci e pugni e infine costretto a salire su una scala, utilizzata dai militari per l’asciugatura dei paracadute, da dove sarebbe precipitato. «Mio fratello poteva essere salvato? Quanto tempo è sopravvissuto dopo la caduta?» si chiede continuamente Francesco temendo che il fratello sia morto dopo una lunga e dolorosa agonia. Non si dà pace e vuole risposte. Il corpo del parà, sempre secondo gli inquirenti, dopo la caduta dalla scala, sarebbe stato nascosto sotto a un tavolo. La sua salma verrà ritrovata il 16 agosto.
Nonnismo estremo
Ma cosa succedeva in quella caserma? Dalla “comunione”, che consisteva nel far bere un intruglio di escrementi umani ai militari, al viaggio in pieno agosto coi finestrini chiusi e il riscaldamento al massimo nella posizione della “sfinge”. E c’è di più: lì si spacciava droga, si fumavano spinelli, ci s’intratteneva all’esterno con le “folgorine”, prostituite dei cui «servizi usufruivano i militari».
Ansa |La scala da cui è “caduto” Emanuele Scieri
A mandare su tutte le furie il fratello di Emanuele sono soprattutto le dichiarazioni dell’ex comandante della Folgore, Enrico Celentano, secondo cui Scieri si sarebbe arrampicato sulla scala per mettersi alla prova perché era troppo in carne: «Era anzianotto e un po’ adiposo, si era dedicato più allo studio che allo sport». Parole che pesano come un macigno. «Così me l’hanno ammazzato due volte» ha tuonato Francesco.
L’indagine partita male
A far più male è che nel 1999 il caso venne bollato frettolosamente come un suicidio: «Forse volevano insabbiare tutto ma, grazie al lavoro svolto dalla commissione parlamentare d’inchiesta che ha scavato e ascoltato i militari dell’epoca, è stato abbattuto questo muro dopo 19 anni». Forze politiche contrapposte, Sofia Amoddio (Pd) e Stefania Prestigiacomo (Forza Italia) in primis, hanno lavorato a lungo, ad ogni ora, per restituire verità e giustizia alla famiglia di Scieri così come promesso.
«Cosa mi manca di mio fratello? Tutto, lo vorrei qui con me, vorrei condividere con lui i momenti di gioia, la mia famiglia, le mie figlie che non ha potuto conoscere perché me l’hanno ammazzato» ci dice il fratello di Emanuele che, infine, si augura: “Spero che fatti come quello di Emanuele non accadano mai più».