Tappa in Italia della nave che trasporta armi saudite: arrivo previsto a Genova
Una nave carica di armi solca i mari d'Europa. Ed era attesa a Genova, per oggi, martedì 14 maggio. Arriverà, invece, secondo i dati di navigazione, nel weekend. È la denuncia di Rete Italiana per il Disarmo, che insieme ad altre associazioni chiede all'Italia di non mettere a disposizione lo scalo ligure alla nave saudita Bahri Yanbu.
Bahri Yanbu è una nave cargo Ro/Ro (ovvero di trasporto merci, soprattutto carichi rotanti su ruote come automobili, autocarri o vagoni ferroviari, ma adatta anche a carichi di container e heavy-lift speciali, per esempio «mezzi militari fuori norma»). Batte bandiera dell'Arabia Saudita e opera per il ministero della Difesa e dell'Interno saudita: la Bahri, già nota come National Shipping Company of Saudi Arabia, è la principale compagnia di shipping del paese, controllata dal governo e, dal 2014, l'unica a gestire la logistica militare di Riad.
Una nave in questo momento al largo del Portogallo e carica di armi che, secondo la denuncia delle associazioni (insieme a Rete per il Disarmo ci sono anche Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari Italia, Oxfam Italia, Rete della Pace e Save the Children Italia) «rischiano di essere utilizzate anche nella guerra nello Yemen». Una guerra "sporca", quella che infuria da quattro anni nel paese più povero del mondo arabo e che vede in campo Riad con i suoi alleati – Stati arabi e africani come Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto e altri, col sostegno logistico degli Stati Uniti. Qui le bombe hanno fatto almeno 60mila morti e milioni di sfollati.
Una nave in arrivo in Italia. «Porti aperti alle navi che trasportano bombe?», si chiedono le organizzazioni.
Il viaggio della nave cargo
«Se pensiamo agli ultimi dati emersi dal report sull'export di armi italiano appena usciti, dati che si riferiscono al 2018, siamo preoccupati», dice ancora Vignarca a Open. «Il fatto che siano confermate consegne ad Arabia Saudita e altri Paesi problematici, ovviamente, aumenta la preoccupazione anche per la visita di questa nave…».
La nave sta seguendo un percorso che, secondo la testata di inchiesta francese Disclose, avrebbe già effettuato a settembre scorso. Allora, senza finire sui giornali. Ora, dando invece adito a proteste nei vari paesi europei toccati (o che vorrebbe toccare). «Dopo aver caricato munizioni di produzione belga ad Anversa», dice Francesco Vignarca di Rete per il Disarmo, «ha visitato o tentato di visitare porti nel Regno Unito, in Francia e Spagna. Arriverà, secondo i dati di navigazione, a Genova a partire da sabato». Il 18 maggio, secondo il tracciamento fornito da siti come Vessel Finder e Marine Traffic. Per il sito della compagnia, invece, l'arrivo è previsto per il 19. Il servizio effettuato presso il porto ligure viene definito su "inducement call". Ovvero la nave «effettuerà una chiamata al porto designato solo se vi è abbastanza carico disponibile e prenotato (incentivo) per giustificare la visita».
Secondo quanto ricostruito da Rete del Disarmo, la Bahri Yanbu è partita all'inizio del mese scorso dagli Stati Uniti (dal porto di Corpus Christi, «per poi arrivare a Sunny Point, il più grande terminal militare del mondo») e attraverso Canada e ora Europa ha come destinazione finale Gedda, Arabia Saudita, con arrivo previsto il 25 maggio. «È reale e preoccupante la possibilità che anche a Genova possano essere caricate armi e munizionamento militare», dice l'associazione.
Belgio, Uk, Francia e Spagna
Il 4 maggio scorso, secondo Vessel Finder, la nave era ad Anversa. Qui, stando a quanto denunciato da alcune organizzazioni della società civile belga, ha caricato 6 container di munizioni. Il 7 era a Tilbury, nel Regno Unito. L’8 maggio era attesa in Francia, a Le Havre «per caricare 8 cannoni semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter». Scalo saltato «per la mobilitazione dei gruppi francesi di attivisti dei diritti umani».
Due giornalisti di Disclose.ngo sono stati convocati oggi dal Direttorato Generale per la Sicurezza Interna per essere ascoltati per l'ipotesi di «compromettere la segretezza della difesa nazionale», proprio in seguito alla pubblicazione dell'indagine intitolata #MadeInFrance sull'uso massiccio di armi francesi nella guerra nello Yemen. Nel frattempo l'ong francese Acat ha presentato un ricorso per bloccare la spedizione di armi in Arabia Saudita: secondo gli avvocati, costituisce una violazione del Trattato sul commercio di armi ratificato dalla Francia.
La Bahri Yanbu si è quindi diretta verso il porto spagnolo di Santander: uno scalo non previsto e dove la nave ha incontrato, ancora, la mobilitazione di varie associazioni della società civile. Il governo spagnolo assicura che il materiale caricato in Spagna può essere usato per «parate militari, non per la guerra». «Ci sono due carichi», spiega una fonte governativa a Reuters. «Sono in regola con tutte le norme, non sono destinati alla guerra nello Yemen. Non sono a uso bellico».
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L'export italiano di armi
Secondo i rapporti dell'Unione europea, i principali esportatori europei di armi convenzionali verso l'Arabia Saudita includono Regno Unito, Francia, Spagna, Italia e Bulgaria. «Esiste il fondato pericolo che i porti italiani accolgano gli operatori marittimi che trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a paesi in conflitto: armi che possono essere usate – come già accaduto – per commettere gravi violazioni dei diritti umani e che, anche secondo i trattati internazionali firmati dal nostro Paese, non dovrebbero essere consegnate», spiegano le associazioni italiane. Negli ultimi anni «è stato accertato da numerosi osservatori indipendenti l'utilizzo contro la popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla RWM Italia», con sede a Ghedi, Brescia e stabilimento a Domusnovas in Sardegna.
«Le nostre associazioni hanno ripetutamente chiesto ai precedenti governi e all'attuale di sospendere l'invio di sistemi militari all'Arabia Saudita e in particolare le forniture di bombe aeree MK80 della RWM Italia». Esportazioni «in aperta violazione della legge 185/1990 e del Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese».
Nella Relazione governativa sull’export italiano di armamenti resa nota pochi giorni fa (con un mese di ritardo) che include i dati di autorizzazione e vendita riferiti all'anno scorso «non figurano provvedimenti su sospensioni, revoche o dinieghi per esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita posti in atto dal governo Conte nel 2018». Ci sono invece, dice Rete per il Disarmo, «11 autorizzazioni per l’Arabia Saudita del valore totale di 13.350.266 euro e nell’allegato dell’Agenzia delle Dogane (MEF) 816 esportazioni effettuate nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro».
In copertina la nave Bahri Yanbu | Vessel Finder