Perché i Casamonica si abbattono le case da soli?
La notizia è stata riportata il 15 maggio da il Fatto Quotidiano. Il clan dei Casamonica, potente famiglia sinti sotto accusa per mafia, spaccio di stupefacenti e usura, in almeno due occasioni ha preferito buttar giù le abitazioni oggetto di ordine di demolizione, invece di resistere con vari tipi di sotterfugi come era accaduto fino allo scorso 20 novembre, quando i vigili urbani (alla presenza anche di Matteo Salvini) si occuparono di ridurre in macerie otto ville al Quadraro.
In questo caso invece, due edifici, uno alla Romanina e l’altro a Capannelle (nell’ampia area di Roma Est controllata dalla famiglia) sono stati abbattuti«in ottemperanza all’ordine di demolizione», come documenta un verbale della Polizia municipale, che periodicamente svolge controlli sul territorio.
Un cambio di strategia? Un gesto di ravvedimento per ottenere un atteggiamento più compiacente da parte della magistratura, come avviene nei casi di “ravvedimento operoso” previsti dal Codice penale? Nulla di tutto questo, spiegano gli analisti. «Al contrario – è l’argomentazione – la famiglia si sta proteggendo da possibili ulteriori controlli amministrativi».
L’inchiesta Gramigna
Dopo aver vissuto per quasi vent’anni in un fortino considerato inespugnabile, la famiglia Casamonica è ora molto in difficoltà. Prova ne sia, per fare solo l’ultimo esempio, l’operazione che i carabinieri hanno portato a termine il 15 maggio con il sequestro di un milione e mezzo di euro in beni immobili e mobili (sequestata anche una polizza da 500mila euro). Questo sequestro è uno degli ultimi passaggi, prima della vera e propria chiusura, dell’inchiesta Gramigna.
Una cena del 2010 con Buzzi, Alemanno e Luciano Casamonica
È proprio la chiusura dell’inchiesta – spezzata in due parti, Gramigna e Gramigna bis – che la famiglia Casamonica teme davvero. La scorsa settimana, il procuratore reggente di Roma, Michele Prestipino e il pm Giovanni Musarò hanno spiegato che quella indagine è agli sgoccioli.
E dopo l’avvio del processo alla famiglia Spada, collegata ai Casamonica e che fino all’anno scorso guidava incontrastata le attività criminali lidensi, la “preoccupazione” del clan è legittima. Anche la condanna a 7 anni, confermata in appello, per Roberto Spada (che aggredì un giornalista colpendolo con una testata) va in questa direzione.
Insomma, visto l’indebolimento della famiglia, i Casamonica “si chiudono” cercando di organizzare i beni ancora nelle loro disponibilità e non esporsi a controlli inopportuni. Nel tentativo di tenere nascosti rubinetti d’oro e pesanti broccati in case e villette in cui nessuno (o almeno solo chi ha un mandato della procura) può entrare.