Nuove accuse al carabiniere che ha riaperto il caso Cucchi. Un depistaggio?
L’appuntato Riccardo Casamassima, il carabiniere che ha fatto riaprire l’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, è di nuovo (virtualmente) sul banco dei testimoni. Il 17 maggio in aula, i difensori di Roberto Mandolini hanno depositato agli atti del processo una nota di servizio che riguarda proprio il carabiniere che per primo ha riferito delle discussioni che avvenivano in caserma a proposito della morte del geometra romano, deceduto a una settimana dal fermo da parte di una pattuglia, il 22 ottobre 2009.
Roberto Mandolini, accusato di falso e calunnia, è tra i quattro carabinieri imputati per la morte del giovane (gli altri tre rispondono di omicidio preterintenzionale, oltre che di falso). Secondo la nota depositata da Mandolini il 26 ottobre del 2016, cioè dopo che la notizia era diventata pubblica, Casamassima aveva dato chiari segnali di aver fatto un racconto non genuino.
Incontrandolo in corridoio, lo avrebbe invitato a stare «tranquillo»: «Ne esci fuori», perché «la procura sta avanti, non posso dirti di più. Io lo so che tu non hai fatto nulla, tu ne esci fuori, stai sereno, ti devi fidare di me». La conversazione tra i due sarebbe poi proseguita. «Più avanti capirai perché l’ho fatto. Adesso fidati di me e stai tranquillo», avrebbe detto l’appuntato.
E Mandolini avrebbe risposto: «Ti rendi conto di quello che hai fatto? Cosa vogliono i Cucchi da me? La Cucchi vuole un confronto con me. Col padre lo deve fare il confronto, perché lei dice una cosa e il padre ne dice un’altra». La risposta dell’appuntato sarebbe stata: «Vabbè dai…tu stai tranquillo, non c’entri nulla».
Se fosse confermato nei dettagli, il racconto sarebbe pesante. Anche se oggi l’inchiesta della procura di Roma si basa su un ulteriore elemento, cioè la confessione di uno dei carabinieri presenti sulla scena del pestaggio, Francesco Tedesco, che fa vacillare la credibilità di Casamassima e potrebbe comunque avere un impatto sull’intero impianto accusatorio.
Casamassima peraltro – che pure sta affrontando problemi disciplinari e penali non tutti chiariti in via definitiva – è stato già vittima di quello che i magistrati considerano un depistaggio: nel 2018, un carabiniere ha dichiarato (per poi ritrattare) di averlo sentito dire che si era inventato le accuse ai carabinieri per poi poter chiedere soldi a Ilaria Cucchi. Lo sfogo a suo dire sarebbe avvenuto a maggio 2015, quando la notizia della testimonianza di Casamassima non era mai stata diffusa (l’appuntato ha fatto le prime dichiarazioni a maggio 2015, ma i giornali l’hanno scritto solo nell’autunno).
Quanto ci sia di vero nella nota depositata da Mandolini non è chiaro. A confermare il racconto, però, la sua difesa ha chiamato un altro appuntato che, almeno per il momento, non ha dato seguito a quella ricostruzione dei fatti.
Il testimone oculare dell’incontro tra Mandolini e Casamassima, l’appuntato Vincenzo Accino, sentito in aula sempre il 17 maggio, ha detto che tra i due non notò nulla di sospetto: «Vidi Mandolini parlare con Casamassima che non sapevo chi fosse. Però è stato per una frazione di secondo perché stavo andando in bagno e non notai particolarità in questo incontro». Che quello sulla morte di Stefano Cucchi sia un processo che non segue un normale iter giudiziario, lo si sapeva già.