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Chi ha detto per primo «restiamo umani»?

19 Maggio 2019 - 09:38 Felice Florio
Era l'adagio con il quale Vittorio Arrigoni, pacifista, attivista, scrittore, giornalista, chiudeva ogni suo articolo. Nel 2011 fu rapito e ucciso a Gaza da una cellula terroristica di matrice jhadista salafita

«Io che non credo alla guerra, non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire – fra cent’anni – vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: “Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare”. Vittorio Arrigoni: un vincitore».

Era prima di tutto un pacifista Vittorio Arrigoni, oppositore di Israele, amato nella Striscia di Gaza, sostenitore della soluzione binazionale per la pace tra i due Paesi. Nel 2005, lo Stato ebraico lo inserì nella lista nera senza avvertirlo: per questo venne picchiato brutalmente dai militari mentre tentava di entrare nel Paese. A rapirlo e a ucciderlo, però, fu una cellula jihadista salafita, quando “Vik” aveva soltanto 36 anni.

Gli amici raccontano che Arrigoni «era molto più di un attivista. Era gli occhi e le orecchie di Gaza». Si era trasferito definitivamente nella Striscia il 21 dicembre 2008 dove era stato insignito della cittadinanza onoraria palestinese. Fu lo scrittore isrealiano Amos Oz, a spiegargli qualche anno prima che la sua persona era scomoda per Israele perché era un testimone chiave per la Corte internazionale dell’Aia: avrebbe potuto raccontare i crimini di guerra di Israele nella Striscia.

Attivismo

Gli amici più stretti lo chiamavano «Vik», ma era conosciuto nel mondo come «Utopia». Vittorio Arrigoni lasciò Bulciago, 2700 abitanti in provincia di Lecco, a vent’anni per seguire la sua vocazione: aiutare gli ultimi, in giro per il mondo. È stato prima in molti Paesi dell’Europa dell’Est, poi in Sud America e in Africa per le cause più disparate. Solo nel 2002, per la prima volta, decise di documentare quello che accadeva sulla Striscia di Gaza. Arrigoni era un acceso sostenitore della soluzione binazionale per porre fine al conflitto israeliano-palestinese.

Nel 2003 entrò a far parte dell’ong International Solidarity Movement. Dalla Striscia documentava tutto ciò che avveniva: raid israeliani, le minacce che venivano dalle frange dei salafiti islamici più radicali. Negli ultimi giorni di vita il cooperante italiano stava raccontando l’assedio a Itamar, villaggio a ridosso degli di una nuova colonia israeliana.

Reporter e scrittore

Nel suo blog, GuerillaRadio, «Utopia» scriveva della vita di sofferenze dei cittadini nella Striscia, raccontava le operazioni militari israeliane a Gaza e documentava le morti dei civili palestinesi. Nel 2008 coprì per il Manifesto l’operazione di Israele passata alla storia come “Piombo fuso”: nel mese dicembre una serie di raid colpirono duramente la Striscia con l’obiettivo di eliminare i combattenti di Hamas. Ogni suo articolo si concludeva con l’appello «restiamo umani».

Chi ha detto per primo «restiamo umani»? foto 1

 Carlos Latuff | Disegno di Vittorio Arrigoni e Handala

Arrigoni diffondeva su YouTube e su molti blog del settore le immagini del territorio che aveva scelto come sua seconda casa. Collaborava assiduamente con PeaceReporter, Radio 2, Radio Popolare e con l’agenzia stampa InfoPal. Con ManifestoLibri pubblicò il manoscritto Gaza Restiamo umani: un compendio di reportage e storie che Arrigoni aveva scritto durante la sua esperienza nella Striscia. Il libro ebbe molto successo e fu tradotto in inglese, spagnolo, francese, tedesco e arabo.

La morte e il ricordo

Era sera quando una cellula jihadista salafita lo rapì: le accuse che muovevano ad Arrigoni erano di aver corrotto la popolazione locale e, all’Italia, di essere uno Stato infedele. In realtà il gruppo chiedeva il rilascio di alcuni militanti jihadisti detenuti nelle carceri della Striscia e del leader del gruppo, lo sceicco Abu al Walid al Maqdisi. Tutto questo accadeva il 14 aprile 2011. I rapitori diffusero un video di Arrigoni bendato e legato su YouTube.

Due giorni dopo, il corpo del 36enne fu trovato senza vita in una casa disabitata di Gaza. La morte, per strangolamento, era avvenuta la notte del rapimento. I genitori dell’attivista chiesero ufficialmente di non applicare la pena di morte per i quattro rapitori e assassini di Vittorio.

Nazioni Unite e i capi di Stato di tutto il mondo omaggiarono il ragazzo, salutato con solennità dalle autorità della Striscia di Gaza prima che la salma tornasse in italia. «Un essere umano che conosceva il significato di questa parola», come disse lo scrittore Moni Ovadia. A lui sono state dedicate molte canzoni: tra le altre, Resto umano dei 99 Posse, Stay Human dei Radiodervish e Restiamo umani di Fedez.

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