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Castel Romano, tra cinghiali e ragazzi senza futuro

20 Maggio 2019 - 07:57 Giulia Marchina
È il più vasto campo rom della Capitale, ora anche oggetto di tira e molla tra amministrazione comunale e Unione europea

La Pontina è una strada statale che parte da Roma e collega la Capitale a Terracina, passando per Latina e per le località di Pomezia, Ardea, Aprilia, fino ad arrivare a Pontinia e Sabaudia. Si trova alla periferia sud, in zona Eur, il celebre quartiere di manifattura fascista. Affacciato su quella strada c’è il campo rom di Castel Romano che poco dista dal centro commerciale più sfavillante e frequentato della città. Ad accoglierci c’è Odisej – che chiede di essere chiamato Odo – il capo famiglia di tutto il campo. Quattordici mila metri quadri e più di mille abitanti, tra donne, uomini e moltissimi bambini.

Il campo

I topi attraversano la strada e vanno a rintanarsi sotto le baracche e per gli abitanti di Castel Romano questa è la normalità. I roditori diventano fastidiosi solo quando cominciano a rosicchiare gli stipiti delle porte. La normalità sono anche i cinghiali alti come cavalli che trotterellano avanti e indietro, in cerca di provviste: «L’altro giorno hanno attaccato due bambini, lo fanno spesso», dicono. Tra le baracche e la statale, in uno spazio adibito a parcheggio, i bimbi giocano a pallone nell’attesa che i loro amici tornino da scuola. Nove pullman con l’insegna di Roma Capitale si fermano e lasciano a terra una massa informe di grembiulini colorati che cominciano a correre all’impazzata. «Dicono che i rom non vanno a scuola, ma non è vero. Ci vanno e ai ragazzi piace tanto studiare».

Si avvicinano due ragazzini, avranno 15 anni a testa, dicono di lavorare al mercatino dell’usato, ma che prima avevano uno stile di vita poco raccomandabile. «Rubavamo macchine. Ti abbiamo vista arrivare in macchina: sai che la possiamo aprire e mettere in moto senza avere le chiavi? Ma non lo facciamo più». Se chiedi loro come mai abbiano vissuto così, ti dicono che lo hanno fatto perché avevano fame. «Questo Paese non vuole farci integrare, ci affama, ci tratta come spazzatura. Siamo costretti a delinquere».

Le condizioni igieniche in cui versa il campo lasciano sgomenti: a proposito di spazzatura, lì a Castel Romano ce n’è a tonnellate. In ogni angolo, in ogni anfratto, sulle strade principali del campo: abiti, vetture bruciate, giornali, pneumatici. Una discarica a cielo aperto devasta la vita di chi ci abita. I bambini si ammalano, così come gli adulti. Ad aggiungersi ai rifiuti ci sono le fognature, esplose. Più si va verso il confine del campo che dà sulla Riserva naturale e più l’odore di escrementi si fa forte tanto da doversi coprire il naso.

La gente ha il bagno in casa ma non può usarlo, le tubature sono rotte da anni, sono costretti a usare l’antico metodo del cantaro. I rubinetti non si possono aprire. O l’acqua non c’è o se c’è ne esce un filo color della ruggine. E allora si va alla fontana a riempire secchi e bottiglie e si tira avanti così.

Da Mafia capitale all’amministrazione Raggi

Castel Romano è un non luogo, una realtà talmente surreale che non ci si spiega come faccia ad esistere. E’ diventato tristemente famoso perché su quelle migliaia di metri quadri si è giocata, in parte, la partita di Mafia Capitale: da Salvatore Buzzi a Massimo Carminati, al clan dei Casamonica.

Nel 2014 si scoprì che il “Piano Nomadi” di Alemanno – costituito da sgomberi e trasferimenti forzati – era in realtà motivo di forti interessi economici e speculazione politica. Il campo è costato al comune di Roma 5,3 milioni di euro nel 2013. I fondi sono finiti nelle mani di cooperative, associazioni e società partecipate dal Comune. Tra queste c’era la Eriches di Salvatore Buzzi che percepiva 1,9 milioni per il presidio del campo.

Le cose non sono cambiate neanche con l’amministrazione Raggi, tanto che questo territorio continua a essere oggetto di proroghe e procrastinazioni. Il problema è che, come ogni campo rom, anche Castel Romano sorge in un’area dove nessun insediamento umano potrebbe essere autorizzato. Si trova, infatti, all’interno della Riserva naturale di Decima malafede, nel territorio del Comune di Roma. E la normativa della Regione Lazio n.29/1997 detta precise «Norme in materia di aree naturali protette regionali» derogabili solo «in caso di necessità e urgenza o per ragioni di sicurezza pubblica».

Castel Romano, futuro prossimo

Entro giugno 2022 Castel Romano verrà smantellato: rom, sinti e camminanti verranno inseriti nella lista di persone a cui sarà assegnato un alloggio comunale per iniziare il percorso di reinserimento sociale, cosa che già ora comincia ad accadere, come dimostrano i fatti di Casal Bruciato e come racconta una coppia che ha voluto mantenere il proprio container a Castel Romano, pur avendo ottenuto di diritto una casa popolare in periferia. Il 5 giugno 2019 è attesa a Roma una delegazione della Commissione europea pronta a ispezionare i campi rom che il Campidoglio ha promesso di smantellare e capire come vengono spesi i milioni di euro concessi da Bruxelles per assistere i nomadi.
(testo e video di Giulia Marchina)

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