E alla fine anche Salvini diventa parte civile contro i carabinieri del delitto Cucchi
L’atto formale era scontato, ma a leggerlo fa comunque un certo effetto. Nel frontespizio dell’istanza di costituzione di parte civile per il nuovo processo dedicato al depistaggio dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, partito oggi 21 maggio, c’è anche la citazione del ministro dell’Interno.
Matteo Salvini, in quanto titolare del Viminale, rappresenta giuridicamente il Dipartimento di pubblica sicurezza. I Carabinieri rispondono sia alla Difesa, sia a lui – ovviamente passando per il capo della Polizia che guida tutto il Dipartimento.
Al di là dei formalismi, però, la circostanza è singolare: tra chi si costituisce parte civile contro otto carabinieri accusati a vario titolo di calunnia e falso per aver depistato le indagini sulla morte del giovane geometra c’è anche il ministro ed esponente politico che più spesso ha messo in dubbio (almeno negli anni passati) le accuse dei familiari di Stefano. Soprattutto quando Ilaria Cucchi parlava del muro di silenzio che per anni ha protetto coloro che oggi siedono al banco degli imputati con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Il nuovo processo
Nel nuovo filone, di cui oggi si è aperta l’udienza preliminare per discutere il rinvio a giudizio, otto carabinieri, tra i quali il generale Alessandro Casarsa, sono accusati di aver modificato gli atti di indagine, dal 2009 ai giorni nostri, in alcuni casi anche calunniando innocenti.
Stando alle richieste presentate dall’Avvocatura dello Stato, se condannati i militari dovranno risarcire i ministeri e la Presidenza del consiglio di 120mila euro, per danni di immagine.
Le accuse
Il provvedimento, firmato pure dal ministro dell’Interno, è molto duro.
Le singole condotte ascritte hanno intralciato il normale esito e sviluppo delle operazioni di polizia giudiziaria creando grave nocumento all’azione delle autorità a ciò preposte che hanno dovuto impiegare cospicue risorse di uomini e mezzi per contrastarne gli effetti e per verificare la realtà degli accadimenti connessi alla sottoposizione a fermo e arresto del signor Stefano Cucchi.
I militari, tra i quali almeno due di alto livello (il generale Alessandro Casarsa, fino a dicembre a capo dei Corazzieri e Lorenzo Sabatino, ex comandante del Nucleo investigativo di Roma e oggi comandante provinciale a Messina) sono accusati di essersi contrapposti ai principi di “moralità e rettitudine” sui quali hanno giurato. Non solo, proseguono gli avvocati Maurizio Greco e Massimo Giannuzzi:
È venuto meno il necessario nesso di strumentalità che deve caratterizzare l’agire di ogni dipendente pubblico, con maggior rigore se militari appartenente alle forze dell’ordine, per la delicatezza e peculiarità delle proprie attribuzioni, che sono state deviate per fini propri anche redigendo falsi atti pubblici e comunque ostacolando la accertamento ai fini di giustizia del reale andamento dei fatti.
Il gup, che deve valutare anche le istanze della famiglia Cucchi, della Penitenziaria e dell’appuntato Riccardo Casamassima (primo testimone nella vicenda) deciderà il prossimo 17 giugno.
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