L’italiano liberato in Siria dopo tre anni andrà ai domiciliari per rapina
Alessandro Sandrini, il ragazzo italiano rapito al confine tra Siria e Turchia nel 2016, è stato liberato nella zona di Idlib, a nord della Siria. A farlo sono state le milizie di Hay’at Tahrir al-Sham (il “Comitato di liberazione del Levante”, HTS), l’ala siriana del gruppo al-Qaeda. L’annuncio è arrivato tramite un comunicato del “Governo di salvezza nazionale”, il braccio politico del gruppo nella regione di Idlib e dintorni, che ha rapporti diretti con la Turchia.
Su di lui pende ora un’ordinanza di custodia cautelare per rapina: Sandrini è accusato di un paio di azioni messe a termine con un complice in provincia di Brescia prima dell’ottobre 2016. Era stato disposto il carcere, ma la misura ora dovrebbe essere quella degli arresti domiciliari. Oltre alla rapina, Sandrini è coinvolto in un processo per ricettazione, per aver tentato di vendere ad alcuni clienti cinesi dei tablet rubati da un fast food a Desenzano del Garda.
Alessandro mancava da casa dal 3 ottobre 2016, giorno in cui salì su un volo che da Orio al Serio, via Istanbul, lo portò ad Adana, cittadina turca a 180 chilometri da Aleppo. «Parto per una vacanza», disse alla famiglia.
Nel comunicato, il colonnello Ali Kedde dell’ HTS ha affermato che le pattuglie di polizia, dipendenti dal sedicente ministero degli interni (il Governo non è riconosciuto), hanno identificato la banda che lo teneva prigioniero con lo scopo di ottenere un riscatto economico. Kadde ha aggiunto che Sandrini è stato liberato dopo una “negoziazione indiretta” tra il ministero e “la banda” (non meglio identificata), senza far riferimento all’intervento diretto della Turchia.
Al momento l’unica conferma ufficiale da parte italiana della liberazione è arrivata dal padre del ragazzo, Gianfranco Sandrini: «Mio figlio è libero si trova ancora in Siria ma nelle mani dei nostri carabinieri. Sono felicissimo, è la fine di un incubo adesso sto andando a Roma, spero di potergli parlare al telefono stanotte».
Del rapimento di Sandrini si apprese solo a dicembre 2017, un anno dopo la scomparsa. Il bresciano era in viaggio in Turchia. Poi, dopo quattro telefonate alla madre avvenute nel corso di diversi mesi, nel luglio 2018, il drammatico video nel quale il 32enne appariva con indosso una tuta arancione sotto la minaccia di due uomini armati di Ak-47.
«Chiedo all’Italia di aiutarmi, di chiudere questa situazione in tempi rapidi», diceva nel video. «Due anni che sono in carcere, non ce la faccio più. Mi hanno detto che sono stufi, che mi uccideranno se la cosa non si risolve in tempi brevi. Non vedo futuro, non so cosa pensare».
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