Un «vaccino» contro la propaganda no-vax è possibile
Uno studio pubblicato su Vaccines il 12 maggio scorso cerca di analizzare i fattori che possono precedere e favorire la riluttanza ai vaccini, prima che i soggetti dubbiosi vengano agganciati dalla propaganda no-vax, suggerendo una soluzione che potrebbe risparmiare ai Governi l’imposizione di nuovi obblighi, magari a seguito dell’ennesima emergenza sanitaria, come succede attualmente anche negli Stati Uniti.
I ricercatori dell’Università di Brigham (Usa) hanno svolto una sorta di «archeologia» della riluttanza ai vaccini, denunciata anche dall’Oms come una delle minacce che incombono contro l’umanità, assieme ai cambiamenti climatici e alla resistenza di batteri e funghi ai farmaci.
Chiedilo a chi non vaccina i figli
Negli Stati Uniti le chiamano «vaccine-preventable diseases» (Vpd), sono le malattie e le complicazioni che si prevede possano insorgere se non vengono fatte le vaccinazioni, come ad esempio il morbillo. I ricercatori di Brigham hanno inviato gli studenti a intervistare le famiglie che avevano sperimentato dei casi di malattie prevedibili coi vaccini.
Prima di assegnare loro questo compito sono stati sottoposti a un questionario, in modo da individuare quelli che conservavano dei dubbi in merito a utilità e presunta pericolosità dei vaccini, questi ultimi non hanno ricevuto alcuna preparazione prima di svolgere le loro interviste.
Alla fine dell’esperimento tutti gli studenti sono stati sottoposti nuovamente al questionario. Il 68% di quelli dubbiosi che hanno sentito direttamente dai genitori cosa comporta non vaccinare i propri figli hanno cambiato idea, diventando dei pro-vax convinti.
In generale si è riscontrato che le interviste a persone che avevano sperimentato sofferenze fisiche in famiglia a causa delle Vpd erano efficaci quanto i corsi intensivi sul tema. Suggerendo che introdurre gli studenti (futuri genitori) a esempi concreti di cosa comportano i rischi della riluttanza vaccinale aiuta a evitare che abbraccino posizioni no-vax.
I vaccini sono vittime del loro stesso successo
I ricercatori fanno notare quel che potrebbe sembrare un paradosso: proprio l’efficacia dei vaccini li ha resi vittime della propaganda no-vax. Com’è possibile? Semplicemente perché facendo scomparire malattie come la poliomielite pian piano si è persa memoria di cosa significa vivere in un paese che non garantisce la cosiddetta «immunità di gregge/comunità», quindi sempre più persone non percepiscono il pericolo.
Così hanno gioco facile gli imbonitori che associano l’autismo ai vaccini (forti del fatto che casualmente i primi sintomi vengono riscontrati solitamente nello stesso periodo in cui i bambini fanno le prime vaccinazioni), o che presumono esista un business della vendita di vaccini, omettendo il fatto che le epidemie comporterebbero guadagni maggiori alle case farmaceutiche.
Non vediamo il pericolo delle Vpd proprio perché i vaccini ne hanno ridotto l’incidenza, mentre siamo bombardati da altre informazioni allarmanti e suggestive di presunti effetti avversi – mai realmente dimostrati – associati ai farmaci. Solo quando è troppo tardi e si devono prendere provvedimenti ci accorgiamo dell’importanza dei piani vaccinali.
Come funziona la mente di un no-vax
Alla base della riluttanza ai vaccini sono stati riscontrati fattori in comune con altre credenze complottiste, che prescindono dal metodo scientifico e dal riscontro dei dati concreti, sono infatti dettate da suggestioni ideologiche o religiose.
L’uso di narrazioni dal forte impatto emotivo è un’altra arma che riesce a fare breccia su chi è titubante. Per questo presentare le esperienze di chi sa cosa comporta non vaccinare, e raccontare le esperienze di chi cercando di fare informazione corretta si trova a dover subire le ritorsioni dei no-vax più fanatici, può avere maggiore efficacia della semplice presentazione di freddi dati.