Europee 2019, Regno Unito: Conservatori umiliati, labour sconfitto, il «no deal» è più vicino
«Mai nella storia della politica britannica un partito con solo 6 settimane di vita ha vinto un’elezione nazionale. Se il Regno Unito non lascia l’Unione europea il 31 ottobre, questi risultati si ripeteranno sicuramente nella prossima elezione generale. Abbiamo fatto la storia. Questo è solo l’inizio». Nigel Farage, re-incoronato il Re della Brexit, esulta su Twitter dopo la notte delle elezioni europee che, a quasi tutti i voti scrutinati, vedono il suo partito, il Brexit Party, al primo posto con circa il 31,6% delle preferenze.
Lasciando da parte il fatto che il Brexit Party è sì stato fondato non proprio sei settimane fa, ma comunque recentemente (il 20 gennaio), il messaggio – potremmo dire l’avvertimento – all’establishment è chiaro: la Brexit deve per forza avere luogo, come previsto, in autunno, altrimenti ci penseremo noi. Niente proroghe, niente referendum, Brexit a tutti i costi, anche – come hanno ripetuto nei giorni scorsi, dopo le dimissioni della premier Theresa May, alcuni esponenti del partito conservatore come Boris Johnson – a costo di uscire senza un accordo, il famigerato no deal Brexit.
Eppure il Remain non crolla
Ma il verdetto delle elezioni non è così chiaro come vorrebbe far intendere Farage. Se è vero che il suo partito ha eclissato il partito precursore, di cui lo stesso Farage era stato leader, ovvero il Partito indipendentista del Regno Unito (Ukip), stravincendo in Inghilterra ed arrivando primo in Galles, davanti anche ai nazionalisti gallesi di Plaid Cymru (nel 2016 nel Galles aveva vinto la Brexit), in Scozia il partito nazionalista di Nicola Sturgeon ha retto il confronto elettorale, con il 38% delle preferenze. Per scoprire come ha votato l’Irlanda del Nord bisognerà aspettare ancora qualche ora.
Ma, sopratutto, facendo un’analisi trasversale ai partiti, uscendo dai binari degli schieramenti in parlamento, si può vedere che i partiti del Remain hanno retto il confronto. Sommando i risultati dei secondi, terzi e quarti classificati – in ordine: liberaldemocratici (18,6%), laburisti (14,1%), verdi (11,1%) – tutti rigorosamente (o quasi, nel caso dei laburisti) Remain, si supera il totale rappresentato dal Brexit Party e dallo Ukip.
E poi c’è il Partito conservatore, ridotto a circa all’8,7% dei voti, meno della metà di quanto ottenuto nel 2014. Un risultato disastroso per il Governo, per quanto fosse atteso vista la crisi che lo ha travolto: è ritenuto colpevole da una parte dell’elettorato di non essere riuscito a portare a termine il mandato che gli era stato assegnato nel 2016, ovvero di far approvare dal parlamento l’accordo per l’uscita dall’Unione europea. Adesso dovranno scegliere un nuovo leader che tenterà laddove Theresa May non è riuscita.
Sempre che l’opposizione glielo permetta. Nigel Farage ha già chiesto che, in virtù del risultato delle elezioni europee, il suo partito possa partecipare ai negoziati con l’Unione europea. Visto le sue recente dichiarazioni, non è da escludere che Farage possa unirsi ai laburisti nel chiedere nuove elezioni.