Di Maio, al via il voto su Rousseau. Il parroco lo striglia: «La revisione gli farà bene»
Il 30 maggio urne aperte. Non è un déjà-vu delle elezioni europee. È un’altra votazione, e questa volta non c’è nessun eurodeputato o sindaco da eleggere: gli iscritti al Movimento 5 Stelle stanno scegliendo se far cadere o meno Luigi Di Maio dal suo ruolo di capo politico dopo la disfatta elettorale.
«Non sono mai scappato dai miei doveri – aveva scritto Di Maio su Facebook alla vigilia del voto – e se c’è qualcosa da cambiare nel Movimento lo faremo. Chiedo di mettere al voto degli iscritti su Rousseau il mio ruolo di capo politico, perché è giusto che siate voi ad esprimervi. Gli unici a cui devo rendere conto del mio operato».
Oggi invece un nuovo post in cui si scaglia contro i ‘nemici’ del movimento, inclusi i giornalisti, che cercano di creare scompiglio tra i ranghi e mettere in difficoltà i rapporti ai vertici del movimento: «È sempre la stessa storia, che si protrae da anni. Noi contro tutti, tutti contro di noi – ha scritto il vicepremier sui social.- È un meccanismo collaudato, ma noi non cediamo di un centimetro. Alessandro è un fratello e un compagno di viaggio, così come lo è Roberto e lo sono molti altri. Già l’ho detto: il MoVimento 5 Stelle non perde mai, o vince o impara. E adesso stiamo ripartendo».
Con lui
Casaleggio, Beppe Grillo, Di Battista (pur con qualche riserva), Roberto Fico. Con Luigi di Maio si è schierato lo Stato maggiore del Movimento Cinque Stelle. Per il sottosegretario Vincenzo Spadafora «mettere in discussione Di Maio, significa mettere in discussione il governo».
Secondo alcune indiscrezioni, l’endorsement di massa è il frutto di un’indicazione precisa della comunicazione del M5S. Dopo il via libera tutti (o quasi) si sono stretti intorno al capo: oltre ai già citati, il sindaco di Torino Chiara Appendino, i ministri Giulia Grillo e Alfonso Bonafede.
Contro di lui
Ha ritrattato, forse perché i leader del Movimento gli hanno fatto notare che avrebbe fatto meglio a starsene al suo posto. Ma le parole di Gianluigi Paragone restano inequivocabili: «A 32 anni non puoi fare il capo della prima forza del Paese, il vicepremier, il ministro dello Sviluppo economico e il ministro del Lavoro. Quattro incarichi sono troppi: se vuoi fare Superman devi esserlo», ha detto al Corriere della Sera l’ex giornalista, nonché ex direttore di Radio Padania.
Dopo l’intervista, Paragone ha ritrattato, offrendo addirittura le sue dimissioni a Di Maio: «Le mie parole sono state fraintese – si sarebbe scusato – Hai ancora fiducia in me?». La sue voce, in ogni caso, non è l’unica fuori dal coro. Anche la senatrice dissidente Elena Fattori ha cavalcato i risultati delle elezioni per contestare la leadership del M5s: «Il voto è stato un grande disastro di cui si deve assumere tutta la responsabilità Luigi Di Maio, visto che si è blindato con un regolamento che gli dà tutti i poteri. In assemblea chiederò le sue dimissioni dai due ministeri. Non può fare tutto e male».
Sono dello stesso parere Carla Ruocco («dobbiamo superare il concetto dell’uomo solo al comando e aprire alla condivisione») e la consigliera regionale Roberta Lombardi: «Quando c’è una sconfitta gli errori si distribuiscono, le responsabilità si assumono, i cambiamenti si mettono in conto. La responsabilità in capo a un solo uomo è deleteria per il Movimento, ed è un concetto da prima repubblica».
La ramanzina del parrocco
Tra le voci “contro” c’è anche quella del parroco di Pomigliano D’Arco, Peppino Gambardella. «Una revisione gli farà bene – ha detto – deve recuperare gli ideali che lo hanno spinto a scendere in politica. La politica non è un affare privato. Se ci crede, vada avanti, ma recuperando il lavoro di squadra».
Da piccolo,Di Maio frequentava la sua parrocchia: «È diventato un po’ difficile ora parlare con Luigi – dice Gambardella – ma penso che abbia messo in conto che sarebbero arrivati tempi difficili. Vorrei invitarlo a non abbattersi, a reagire, ma una revisione la dovrà fare, richiamando gli ideali che lo hanno spinto a scendere in politica e lavorare per il Movimento. Deve tornare a un lavoro di squadra».
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