Gucci si schiera in difesa della legge sull’aborto: «My body, my choice»
«Solo l’antichità pagana ha risvegliato il mio desiderio, perché era il mondo di prima, perché era un mondo abolito». È con queste parole dell’archeologo francese Paul Venye che si apre il viaggio dell’ultima sfilata di Gucci, Gucci Cruise 2020.
Lo stendardo, appeso all’ingresso dei Musei Capitolini, è contemporaneamente una dichiarazione d’intenti e un avvertimento: il passato è un monito per l’oggi e per il futuro e solo guardando indietro è possibile comprendere e ricordare le conquiste ottenute, in termini di libertà e di conquista dei diritti.
Ed è in particolare sui diritti delle donne e sulla loro libertà di scelta che si concentra il messaggio politico della maison e del suo direttore creativo. Alessandro Michele, infatti, non lascia spazio ad equivoci interpretativi e precisa: «In questa sfilata si parla dell’importanza della libertà d’espressione, ed proprio per questo mi pare assurdo che oggi ci sia chi vuole negare questa libertà alle donne, non riconoscendo il loro diritto a disporre del proprio corpo come invece possono fare gli uomini».
La collezione politica Gucci Cruise 2020
La collezione di Alessandro Michele è un continuo remix di sacro e profano, di classicismo e di contemporaneo, di revival storico e di urgenza moderna. Ed è proprio dal buio delle sale dei Musei Capitolini, tra busti e statue d’epoca romana e netti tagli di luce ad illuminare la passerella, che emerge tutta la volontà di ribadire e rivendicare la libertà acquisita nel corso degli anni.
Ed è così che in passerella si avvicendano corpi androgini coperti da toghe romane, eteree ancelle ricoperte da abiti drappeggiati dai colori fluorescenti, così come vestali con un utero finemente ricamato, in cui le ovaie diventano dei fiori di paillettes.
Si passa poi alle influenze degli anni Settanta, tra abiti hippy, cappelli a tesa larga, maglioni oversize, pellicce e cappotti dal taglio fortemente sartoriale, impreziositi da ricami in contrasto.
Sono gli anni delle grandi conquiste dei diritti per le donne italiane, tra cui la legge sul divorzio e la legge 194 per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza, la cui data di approvazione, 22.05.1978, campeggia su una felpa dai motivi barocchi.
Infine un blazer viola monocromo in cui si ripete il monogramma della casa di moda, ma sulla cui schiena campeggia lo slogan: «My body, my choice», «mio il corpo, mia la scelta».
Uno slogan che parla senza mezzi termini e che si schiera davanti a tutto il vociare politico a livello globale sulla possibilità o meno di permettere alle donne di decidere del proprio corpo: libertà di essere e di decidere, e perché no, anche di ribadire i propri diritti palesandoli a caratteri cubitali sulla propria seconda pelle.
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