Le misteriose strutture marziane di Nili Fossae hanno una spiegazione
Senza ulteriori punti di riferimento potrebbe sembrare la sezione del tronco di un albero o un particolare della sua corteccia. Nella thumbnail vediamo invece un esempio delle strutture geologiche trovate su Marte nella zona nota come Nili Fossae, vicino alla pianura di Isidis Planitia.
Ciò che più ha intrigato i ricercatori è la presenza di un materiale che semplicemente non dovrebbe trovarsi lì. La zona è ricca di giacimenti, uno in particolare è costituito da un gruppo di minerali definiti «olivine», presenti solitamente negli strati interni dei pianeti, non sulla superficie.
Quei minerali fuori posto
Cosa ci fanno le olivine da quelle parti? Uno studio pubblicato sulla rivista Geology potrebbe aver risolto questo mistero spaziale. Parliamo di un tipo di minerali per niente rari, presenti tanto nel mantello terrestre, quanto in quello marziano.
Olivine sono state trovate anche in un genere di meteoriti silicei. L’ipotesi più probabile è che questi minerali siano stati «sputati fuori» da un vulcano, non colando lungo la superficie, ma in maniera «esplosiva».
I ricercatori della Brown University di Providence, nel Rhode Island, sono riusciti a individuare l’origine dei misteriosi depositi minerali. La conformazione di Nili Fossae fa pensare a flussi di lava prodotti dall’impatto di un asteroide, mentre le ricerche condotte nel nuovo studio portano all’attività vulcanica esistente in passato nelle regioni di Isidis Planitia e Syrtis Major.
I risultati dello studio
I risultati dovranno essere confermati successivamente col prossimo rover che la Nasa invierà sul Pianeta nel 2020. Intanto per lo studio sono stati utilizzati i dati raccolti dal Mro (Mars reconnaissance orbiter) dell’Agenzia spaziale americana.
I lunghi strati che vediamo con la loro estensione uniforme lungo valli, colline e crateri, suggeriscono che l’origine sia dovuta a una attività vulcanica esplosiva. Il vulcanismo esplosivo si genera quando vi è presenza di gas, come il vapore acqueo nel magma sotterraneo, generando così una pressione.
La stessa presenza di olivine coincide con l’ipotesi. Vi sono infatti segni di alterazioni spiegabili proprio con la presenza d’acqua. Per il rover che raggiungerà il Pianeta nel 2020 è stata individuata anche una location ideale nel bel mezzo dei depositi minerari: il cratere Jezero.
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