A chi gioverà la condanna della Cannabis Light in Italia?
La Corte di Cassazione ha dichiarato, attraverso un’informazione provvisoria del 30 maggio 2019, che la commercializzazione di Cannabis sativa L. e di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione di questa verità di canapa, non rispetti la legge n.242 del 2016 «salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante».
Ciò non significa che oggi tutti i negozi di Cannabis Light chiuderanno, ma la decisione della Corte fornisce ai giudici di merito di valutare se di fronte a una contestazione un prodotto da loro venduto risulti «di efficacia drogante» e che rientra, dunque, nei limiti del consentito per legge. La palla potrebbe passare ora alla politica e a una parte del Governo contraria alla sua vendita senza se e senza ma. Tuttavia c’è un «ma» da considerare.
Uno studio condotto da Vincenzo Carrieri dell’Università di Catanzaro, Leonardo Madio dell’Universitè Catholique de Louvain (Belgio) e Francesco Principe dell’Università Erasmus di Rotterdam, pubblicato nel numero 113 di aprile 2019 della rivista European Economic Review, riporta quelli che sarebbero i risultati della legge del 2016 e della comparsa dei Grow shops in Italia: una possibile soluzione contro lo spaccio illegale:
We find that the liberalization of light cannabis led to a reduction of up to 14% in marijuana confiscations per each pre-existing grow shop and a significant decrease in both other cannabis-derived drugs and in the number of people arrested for drug-related offences. Back-of-the-envelope calculations suggest that forgone revenue for criminal organizations amount to at least 90–170 million euros per year. These results support the argument that the supply of illegal drugs is displaced by the entry of official and legal retailers.
Tradotto e in sintesi, i negozi di Cannabis Light che abbiamo avuto modo di veder nascere e diffondersi in Italia avrebbero ridotto lo spaccio e potrebbero aver danneggiato il fatturato della criminalità organizzata che lo gestisce. Ci potremmo domandare, a questo punto, se ci conviene tagliare le teste dell’hydra o se farla morire di fame.
Rimaniamo comunque con i piedi per terra. Ci sono ancora consumatori abituali che non trovano soddisfazione nell’acquistare certi prodotti preferendone altri non propriamente «light». Inoltre in alcuni casi può ancora persistere anche quel desiderio del «proibito» che non riesce a soddisfare attraverso un negozietto autorizzato e legale. I Grow shops non sono la soluzione al problema, ma potrebbero aiutare.