Addio iTunes, e grazie di (quasi) tutto: la svolta Apple su musica e serie Tv
Le luci si abbassano, i pixel si spengono. Il Worldwide Developers Conference (WWDC), la conferenza degli sviluppatori Apple a San Josè, California, è cominciato. Ad aprirla Tim Cook, il ceo che ha raccolto l’eredità di Steve Jobs. Anche se non è l’incontro più atteso dagli adepti della Mela, qualche sorpresa è già stata svelata.
C’è il nuovo Mac Pro, prestazioni da ultra top di gamma prezzo di 4999 dollari, c’è la fine definitiva di iTunes e c’è il nuovo dark mode per iOS, il sistema operativo di iPhone e iPad. Questa modalità scura nasce al seguito di una tendenza sempre più diffusa negli ultimi mesi.
La fine di iTunes, o meglio la sua reincarnazione
Alla conferenza di San Josè è arrivata la constazione del decesso di iTunes. L’arrivo della nuova versione del sistema operativo macOS, Catalina, ha segnato la fine di una delle app più iconiche dell’azienda statunitense. iTunes verrà sostuito da tre diverse app, ognuna dedicata a una forma diversa di intrattenimento: Apple Music, Apple Podcasts e Apple Tv.
Le prime due sono molto intuitive, l’ultima invece raccoglierà tutti gli show e le serie Tv che Apple sta cercando di raccogliere per lanciare la sua sfida a Netflix e alle altre piattaforme di streaming. È vero che nella sostanza non cambierà molto, anzi. I contenuti dei dispositivi Apple saranno più ordinati e funzionali. Immaginate di avere una sola applicazione che fonde insieme le funzioni di Spotify e Netflix, non esattamente facile da gestire. Eppure la fine di iTunes lascia un po’ di nostalgia.
Nella pagina di Wikipedia Italia, già si usa il passato prossimo, la sua voce comincia con: «iTunes è stata un’applicazione…». La sua prima versione risale al 2001 ed è riuscita a cambiare il mercato della musica. Nel periodo in cui i cruscotti delle auto si riempivano di cd masterizzati e decorati con gli indelebili, su iTunes si potevano comprare canzoni e averle, per sempre, in digitale. La citazione più famosa della sua storia è una frase di Steve Jobs. Parlando dell’estensione della sua applicazione ai sitemi operativi Windows, Steve Jobs aveva detto: «È come offrire un bicchiere di acqua fresca a qualcuno che vive all’inferno».
Come funziona il dark mode
A marzo l’aveva introdotto Twitter, ad aprile Chrome l’aveva rilasciato per il sistema operativo Windows e nelle ultime settimane stanno arrivando sempre più segnali che vedrebbero questa applicazione che su Whatsapp. La modalità scura si sta diffondendo sempre di più, anche se non è certo la prima volta che si vede nel mondo dell’informatica.
I vantaggi sarebbero due: uno per gli occhi, l’altro per l’ambiente. Avere uno sfondo scuro riduce le emissioni di luce blu dallo schermo, quella che affatica gli occhi dopo tante ore di lavoro. Il dark mode poi riduce anche l’utilizzo di energia dai dispositivi, risparmiando in corrente e in inquinamento. Certo, bisognerebbe capire quale sia la percentuale di risparmio sul totale.
Il dark mode non è una novità. Nei tool usati per la programmazione è parecchio diffuso, proprio per evitare che chi lavora tanto sullo schermo possa avvertire fastidio agli occhi. Senza contare poi che la modalità scura richiamo subito alle origini della storia del computer. Nel 1997 l’Apple II, il secondo modello di pc mai costruito dall’azienda, aveva uno sfondo nero con dei caratteri che si illuminavano.
Certo, la tecnologia era tutt’altra. Ora i computer più avanzati montano schermi Lcd Ltps, una versione migliorata dell’Lcd basata sul silicio policristallino a bassa temperatura. Gli schermi dell’Apple II invece funzionavano con il tubo catodico. Esattamente come nelle vecchie televisioni.
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