Medici senza frontiere: «Stop alla detenzione arbitraria: spinge le partenze» – Il video
«Con una guerra in corso da oltre due mesi, che ha già coinvolto migliaia di civili, e un sistema di detenzione dei migranti basato su abusi, estorsioni e violenze, la Libia non può essere considerata un porto sicuro». A ribadirlo, ancora una volta, è Medici Senza Frontiere con la testimonianza dei due capimissione dell’ong attualmente impegnati in Libia.
«Gli sfollati sono già almeno 100mila. Rifugiati e migranti sono intrappolati nei centri di detenzione», racconta Sam Turner, capomissione Msf in Libia, appena rientrato da Tripoli. «E non c’è un solo altro posto sicuro in cui queste persone possono essere portate nel paese».
«La detenzione arbitraria deve cessare. Non è uno strumento di deterrenza alle partenze, anzi: in molti casi è un fattore di spinta», spiega Marco Bertotto, responsabile advocacy di Msf Italia. «Abbiamo parlato con molte persone che non avevano alcuna intenzione di intraprendere il viaggio in Europa. Ma quel viaggio è poi diventato per loro l’unico metodo di evacuazione, per sfuggire alla detenzione arbitraria e alle violenze di anni».
Globalmente le condizioni di detenzione in Libia «restano le stesse», aggiunge Julien Raickman, capomissione Msf a Misurata e Khoms. «Ci sono rapporti ufficiali delle organizzazioni internazionali, anche nostri… E malgrado questo, le persone vengono rinviate in Libia. In maniera permanente».
Il governo italiano, «con merito, favorisce l’evacuazione legale di 300 persone dai centri di detenzione libici», aggiunge Bertotto. «Ma poi, per ogni persona evacuata, ce ne sono 4 che la guardia costiera libica riporta in Libia nei centri di detenzione. È importante quello che l’Italia fa e deve essere da esempio per gli altri paesi. Ma il quadro complessivo è preoccupante e conferma il fallimento dei paesi europei e delle istituzioni nel gestire la situazione nel paese».
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