Tirare a campare o tirare le cuoia?
L’avventura del Governo del Cambiamento sembra già finita, dopo un anno. La coppia perfetta e affiatata Di Maio-Salvini non c’è più. I due non si parlano, non si fidano, non hanno più né voglia né interesse a stare insieme.
Ieri, in un surreale e impolitico incontro con la stampa in diretta tv, il premier scelto un anno fa per non fare ombra ai due leader si è rivolto al paese come un genitore di “Chi l’ha visto” perché sia chiesto a Salvini e Di Maio se vogliono davvero andare avanti seriamente, perché lui, Conte, e il suo governo non possono limitarsi a vivacchiare.
Ma un premier che usa il discorso alla nazione per farsi dire dai vicepremier come stanno le cose è già in balia degli eventi. E gli eventi sono chiari: le elezioni europee hanno irrimediabilmente squilibrato il rapporto tra i due. Il matrimonio M5s–Lega è stato fallimentare per il primo (dimezzato nel voto) e molto fruttifero per la seconda (raddoppiata).
Salvini a questo punto ha tutte le carte in mano: se si rompe l’alleanza va dritto alle elezioni anticipate e incassa in parlamento la clamorosa avanzata delle europee, e addio 5 stelle; e se resta al governo impone tutte le sue scelte col patto leonino «o così o è crisi» per dimostrare che è lui il padrone del vapore.
Ma Di Maio e i suoi, finché c’è questo parlamento, sono la prima forza, e non accettano certo di diventare domestici in casa loro, in balia dell’alleato-rivale che salvarono dall’incriminazione col voto sul caso Diciotti. Se accettassero la Tav o l’autonomia per Lombardia e Veneto perderebbero l’anima, e tanti altri voti.
Meglio allora rompere, e recuperare poi lo spirito originario, in campagna elettorale o cercando altre alleanze, o altri “contratti”. Come si è visto subito dopo lo show di Conte, con la miseranda conclusione della riunione sul decreto sblocca cantieri, il governo non tirerà a campare, tirerà le cuoia.