Chi detiene il debito pubblico italiano?
Continua il braccio di ferro tra l’Unione europea e l’Italia sul nostro debito pubblico. Dopo la risposta di Giovanni Tria, la Commissione ha deciso di richiamare l’Italia per l’aumento del debito, ma non ha avviato una procedura d’infrazione. Tutto rimandato fino al 9 luglio quando si incontreranno i ministri economici degli Stati Ue.
Che il debito pubblico italiano sia alto (oltre che in aumento), è risaputo. Gli ultimi dati Eurostat certificano l’aumento nel 2018 al 132,2% del Pil, rispetto al 131,4 % del 2017. Questo in un contesto in cui il debito pubblico della maggioranza dei Paesi membri dell’Ue (24 su 28, se includiamo il Regno Unito) è sceso.
Tra questi ci sono anche la Spagna e il Portogallo che insieme all’Italia, la Grecia e l’Irlanda sono stati i Paesi più colpiti dalla crisi dell’Eurozona che ha seguito la crisi economica. Ma non è soltanto questo che separa il debito pubblico italiano da quello di altri Paesi, come Portogallo e Irlanda.
Come sottolinea uno studio della società di consulenza Prometeia, siamo in una situazione simile alla Spagna (e diversa da altri Paesi come la Grecia e il Portogallo): la maggior parte del debito pubblico italiano è in mano non alle istituzioni europee, ma a investitori privati.
Una differenza che implicherebbe un maggior rischio, sempre secondo Prometia: «Per Italia e Spagna, una quota più elevata di titoli in mano al mercato implica una maggiore dipendenza dagli investitori e, quindi, un maggior rischio di rifinanziamento. In Grecia, Portogallo e Irlanda, al contrario, il contributo del settore istituzionale europeo attenua in modo significativo tale rischio, concorrendo al contenimento dei rendimenti dei titoli governativi».
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