Blitz dei pro-Vita davanti alla clinica Mangiagalli: «Noi in preghiera contro l’aborto»
L’immagine di un neonato circondata dalla scritta «Si alla Vita, No all’aborto». Ma anche messaggi più intransigenti: «NO divorzio, NO aborto, NO eutanasia, NO unioni civili, NO convivenze, NO gender». Sono comparsi la mattina del 10 giugno manifesti pro-life di fronte alla clinica ginecologica Mangiagalli, ramo del Policlinico di Milano. I poster hanno il logo di Ora et Labora in Difesa della Vita, associazione che dal 2008 si occupa della «difesa di principi non negoziabili» quali il fatto che la vita è definita tale dal concepimento alla sua fine naturale, che la famiglia debba essere basata sull’unione tra un uomo e una donna e che l’identità individuale debba essere difesa da quello che definiscono sul loro sito come «indottrinamento ‘gender’». «In Italia si parla tanto di libertà di scelta ma l’unica libertà è quella di uccidere i bambini – dice a Open Giorgio Celsi, infermiere fondatore dell’associazione – Il nostro era un momento di preghiera per riparare all’aborto che è un omicidio, per liberare la società da questo grave delitto».
10 giugno 2019
Su Twitter alcuni milanesi hanno reagito all’affissione di questi manifesti. C’è per esempio chi scrive: «Potrebbero benissimo manifestare le loro idee in altre sedi rispettando la decisione altrui di entrare nella Mangiagalli con la serenità necessaria per affrontare cure mediche o un aborto, invece scelgono la violenza. La violenza non va tutelata, le pazienti e i pazienti sì». Alcuni chiedono al sindaco, Beppe Sala, di fare rimuovere i cartelli dalla cancellata della Mangiagalli: «sono una vergogna per la città». «La Mangiagalli è un fiore all’occhiello per Milano e non solo, queste cose da Medioevo fatele a casa vostra perché lì dentro ci sono donne di cui non conoscete la storia e questa violenza psicologica è ignobile», scrive per esempio Lorenzo Bises.
Altri utenti difendono invece l’iniziativa, come Pietro Branca, che sostiene che i manifesti possono aiutare a discriminare tra chi è «convinto» o no di abortire. «La violenza sarebbero dei manifesti, il metterti un volantino davanti alla faccia e dire due cose? Ehh, allora forse chi va ad abortire non è veramente convinta, perché fidati quando lo fai perché DEVI queste persone manco le vedi. Se invece usano le mani, denunciateli subito!» scrive l’utente. Nel 2017, il primario della clinica, Alessandra Kustermann, aveva stimato che alla Mangiagalli i medici obiettori fossero circa il 50%, un tasso tra i più bassi della città. Kustermann è tra l’altro sempre stata in prima linea per difendere il diritto di una donna ad abortire. Quando a febbraio erano apparsi manifesti pro-vita all’entrata della clinica, poi oscurati, la ginecologa aveva affermato: «Noi non possiamo permettere che arrivino in sala operatoria portando con loro anche la crudeltà di messaggi e immagini così».
Leggi anche
- Attacco al corpo delle donne: l’onda anti-abortista conquista gli Stati Uniti
- Toscana, le associazioni pro-vita entrano nei consultori. La protesta di Non Una di Meno
- Stretta anti-aborto: in Louisiana l’«heartbeat bill» diventa legge
- Valentina Milluzzo, il papà: «L’aborto l’avrebbe salvata, ma i medici erano obiettori» – L’intervista
- “Non una di meno” a Roma contro la violenza di genere: la storia del movimento femminista che attraversa i continenti