Hong Kong, vince la piazza: il Governo sospende la legge sull’estradizione
Dopo le proteste di massa dei giorni scorsi, la governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha fatto sapere che la controversa legge sull’estradizione è stata sospesa sine die (ovvero a data da destinarsi) alla luce delle manifestazioni avvenute nei giorni scorsi.
La decisione è stata presa dopo le proteste di domenica scorsa e gli scontri di martedì, quando la folla è stata respinta con lacrimogeni e proiettili di gomma. Secondo gli organizzatori delle manifestazioni (l’associazione Civil Human Rights Front) si è trattato della più grande mobilitazione dopo la contestazione avvenuta del 1997, quando la sovranità di Hong Kong venne trasferita dal Regno Unito alla Repubblica Popolare cinese.
Cosa prevede la norma e perché non piace ai cittadini
La norma proposta dal governo di Hong Kong, e poi ritirata, avrebbe permesso di estradare verso Macao, Taiwan e Cina chi si fosse macchiato di alcuni crimini. La legge avrebbe consentito alle autorità di decidere caso per caso.
Secondo gli oppositori, la riforma non era che una scusa per consegnare gli oppositori politici, o i cittadini cinesi scappati a Hong Kong per evitare la repressione, nelle mani di Pechino. L’ex colonia britannica, come stabilito del 1997, ha un sistema legale semi-indipendente e sarà semi-autonoma dalla Cina fino al 2047.
Taiwan aveva già fatto sapere che non avrebbe collaborato con Hong Kong se la norma avesse previsto la possibilità che i taiwanesi potessero essere estradati in Cina.
La posizione dei Paesi stranieri
La norma era stata contestata dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e anche dagli uomini d’affari di Hong Kong, solitamente conservatori. Il sostegno dei Paesi stranieri ha rinvigorito l’opposizione democratica che si era diluita dopo il Movimento degli Ombrelli del 2014.
Le proteste dei giorni scorsi
Martedì scorso, i manifestati sono riusciti a entrare nella sede del Parlamento, salvo poi essere respinti da idranti, lacrimogeni e fumogeni usati dalla polizia. Diverse persone sono rimaste ferite. Il capo della polizia di Hong Kong ha diramato una nota in cui ha classificato gli scontri come “rivolta”, condannando – di fatto – gli arrestati a subire pesanti conseguenze giudiziarie.
Le proteste hanno paralizzato per giorni l’ex colonia britannica: i blocchi stradali hanno creato ingorghi di traffico lunghi chilometri. La manifestazione è partita domenica 9 giugno, quando più di un milione di persone – un settimo della popolazione totale della città – si è riversata per le strade di Hong Kong e ha marciato e gridato contro la riforma.
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