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Il salario minimo del M5s spaventa tutti: dopo i sindacati, i timori di Confindustria

16 Giugno 2019 - 12:00 Redazione
La proposta di legge sta per arrivare in Senato. A livello europeo, è arrivato il sostegno anche di Angela Merkel

La proposta M5S sul salario minimo sta per arrivare in aula al Senato: dopo l’ultimo vertice tra i due vice-premier a palazzo Chigi, Luigi Di Maio sente di non avere più l’ostilità della Lega sul tema. Le critiche esplicite invece sono arrivate oggi da Confindustria. «Il governo vuole fissare per legge il salario minimo in modo da aiutare i lavoratori più deboli. Ma l’effetto potrebbe essere esattamente opposto perché, se diventa un’ alternativa ai contratti collettivi, finisce per togliere diritti e tutele ai lavoratori», dice il vice presidente di Confindustria Maurizio Stirpe, intervistato dal Corriere della Sera.

Secondo l’associazione degli industriali, di fronte alla possibilità di pagare 9 euro lordi l’ora i lavoratori (proposta M5S) le aziende potrebbero non avere più interesse a contrattare su altri temi: «Il rischio è smontare il sistema dei contratti nazionali, che non regolano solo il salario ma anche tanti altri temi rilevanti, come ferie, malattia, straordinari. E far saltare il sistema dei contratti farebbe saltare anche queste tutele».

Anche i sindacati sono critici verso la proposta del salario minimo dei 5 Stelle (che risale a luglio 2018): Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto di inserire nel testo di legge un richiamo esplicito alla contrattazione collettiva. Il Pd invece ha presentato una sua proposta di legge (primo firmatario Tommaso Nannicini) che prevede l’individuazione della retribuzione minima da parte di una commissione presso il Cnel: una cifra destinata esclusivamente e transitoriamente a quei lavoratori che non hanno ancora un contratto nazionale di riferimento.

Salario minimo europeo

Nell’Unione Europea la maggior parte degli Stati ha già il salario minimo legale. Proprio ieri il presidente francese Macron e la cancelliera tedesca Merkel hanno invitato a introdurre in tutta l’Unione Europea una retribuzione minima comparabile, stabilita in base a parametri come il tenore di vita nei singoli Paesi dell’Ue.

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