Sea Watch, botta e risposta tra Salvini e una giornalista. Chi ha ragione? – Il video
La nave ong Sea Watch è ferma ormai da due giorni a Lampedusa. Ieri, 15 giugno 2019, il Governo ha dato l’ok allo sbarco di 10 migranti (donne, bambini e malati), ma a bordo ne restano ancora 43 e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non ha alcuna intenzione di farli scendere.
Interpellato da Sky, Matteo Salvini ha detto che Sea Watch avrebbe dovuto portare i naufraghi in Libia e che la stessa imbarcazione ha richiesto un porto sicuro ai libici. La giornalista Monica Napoli di Sky ha risposto che Sea Watch non ha mai chiesto un porto a Tripoli e a quel punto il ministro l’ha accusata di fare politica: «Se lei fa domande io do risposte, se lei fa politica si candidi con la sinistra e fa politica, ok?».
Chi ha ragione tra i due?
I migranti erano stati recuperati all’interno della SAR (la zona di ricerca e salvataggio) libica, attiva dal 2018. Per questo, Sea Watch era tenuta a comunicare con l’autorità competente su quella zona per informarla delle operazioni di soccorso compiute. Nella stessa comunicazione, inviata anche alle autorità italiane, maltesi e olandesi per richiedere un porto sicuro, la Ong aveva messo in copia le autorità di Tripoli che hanno risposto fornendo un luogo di sbarco sul proprio territorio. C’è un problema, e cioè che la Libia non è considerata affatto un porto sicuro e i membri della Sea Watch lo sanno molto bene come spiegato nel seguente video:
Salvini ha ragione quando afferma che Sea Watch ha contattato le autorità libiche, ma non spiega che lo ha fatto per questo “tecnicismo” e non per chiedere un porto. Il ministro dovrebbe essere consapevole del fatto che la Libia non è considerata in alcun modo un porto sicuro, soprattutto in questo periodo in cui è in corso un conflitto interno. Se la Ong avesse riportato i migranti indietro avrebbe commesso un grosso errore nei confronti dei naufraghi recuperati in mare.
Nel marzo 2019 il ministro Salvini aveva dichiarato che «secondo la Commissione europea, la Libia può e deve soccorrere gli immigrati in mare e quindi è da considerare un Paese affidabile», parole seccamente smentite dall’IMO, l’Organizzazione marittima dell’ONU. Di recente anche la Commissione europea, attraverso la portavoce Natasha Bertaud, ha smentito nuovamente il ministro dell’Interno italiano ricordando che «tutte le imbarcazioni che navigano con bandiera Ue sono obbligate a rispettare il diritto internazionale quando si tratta di ricerca e soccorso, cosa che comprende la necessità di portare le persone salvate in un porto sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni attualmente non ci sono in Libia».
Conclusioni
La Ong, così come chiunque operi nelle aree della SAR libica, è tenuta a comunicare le operazioni di soccorso alle autorità competenti di Tripoli in ogni caso. La giornalista di Sky ha ragione nel sostenere che Sea Watch – consapevole che il Paese non può essere considerato un porto sicuro – non ha richiesto un porto sicuro alla Libia.
Video: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev
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