Secondo l’Istat ci vorranno 100 anni per rimpatriare i migranti “irregolari”
Ogni promessa di un celere rimpatrio dei migranti “irregolari”, ovvero coloro che non sono dotati dei documenti necessari per legittimare la loro presenza sul suolo italiano, è illusoria. Parola di Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istituto nazionale di Statistica (Istat), intervenuto ieri alla conferenza europea della Fondazione Rodolfo DeBenedetti, in Calabria.
E se non è vero che i numeri non mentono mai, sono due le certezze. La prima è che è difficilmente ipotizzabile il rimpatrio in brevi tempi degli stranieri “irregolari” – a cui viene negato quindi l’accesso ai servizi pubblici, come l’istruzione, la sanità oltre che l’accesso alle case popolari – visto che il ritmo a cui avvengono i rimpatri è di qualche migliaio di persone all’anno.
La seconda è che soltanto nel 2018 sono state 45 mila le richieste d’asilo respinte, ma i rimpatri soltanto 5 mila, il che vuol dire che il numero di irregolari in Italia è cresciuto di circa 40 mila persone. Secondo l’Ispi questo numero è destinato a crescere fino a quota 700 mila entro il 2020.
Ma l’efficacia della gestione italiana dei flussi migratori va anche misurata usando altri dati. Se è vero che il numero di arrivi dal Mediterraneo è diminuito con la politica dei “porti chiusi“, è altrettanto vero che i migranti possono sempre raggiungere il nostro Paese via terra e via aria.
Secondo una recente inchiesta di Repubblica, se sono “chiusi i porti”, gli aeroporti rimangono aperti. Almeno per quanto riguarda i voli dalla Germania. Nel primo trimestre del 2019, il numero di richiedenti asilo rimpatriati in Italia dalla Germania – secondo il regolamento di Dublino – sarebbero 3.540 tra gennaio e marzo, contro 2.629 del trimestre precedente. Con “l’ok” del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
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