Regeni, il ministro del lavoro egiziano: «È un caso di criminalità comune, poteva succedere a chiunque»
Ginevra, Conferenza nazionale del lavoro, 17 giugno 2019. Il ministro egiziano del lavoro Mohamed Saafan interviene citando il caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto in Egitto tre anni fa per cause ancora non definite. «È un caso di criminalità comune, non legato ai sindacati», ha detto. «Poteva succedere a chiunque».
«È un omicidio come quello di egiziani in Italia o di chiunque altra persona di qualsiasi nazionalità in qualsiasi Paese», ha continuato Safaan. «Deve essere trattato tramite la procura egiziana e quella italiana». Frasi forti ed eloquenti, quelle del ministro, che arrivano dopo le recenti rivelazioni sul coinvolgimento dei servizi segreti governativi nel rapimento del giovane studioso di Cambridge, recatosi in Egitto per indagare sul ruolo dei sindacati nel proseguo della rivoluzione.
Proprio la confidenza – riferita da una fonte terza – di uno dei rapitori era stata al centro dell’ultimo incontro tra il premier italiano Giuseppe Conte e il primo ministro egiziano Abdel Fattah al-Sisi lo scorso 3 maggio. Nello stesso periodo, la procura di Roma aveva inviato le sue evidenze a Il Cairo, in attesa di un feedback da quella egiziana per poter condurre i 5 indagati davanti alle aule italiane.
In relazione alla scarsa collaborazione dell’Egitto nella risoluzione del caso si erano espressi anche i genitori dello stesso Giulio, che, in una lettera a al-Sisi scritta dopo le confessioni del testimone, lo avevano accusato di essere venuto meno alle sue promesse. «Risulta difficile da credere – si leggeva – che chi ha sequestrato, torturato, ucciso nostro figlio Giulio, chi ha mentito, gettato fango sulla sua persona, posto in essere innumerevoli depistaggi, organizzato l’uccisione di cinque innocenti ai quali è stata attribuita la responsabilità dell’omicidio di nostro figlio, tutte queste persone abbiano agito a Sua insaputa o contro la sua volontà. Non possiamo più accontentarci delle sue condoglianze né delle sue promesse mancate».
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