Gli anziani stanno meglio dei giovani, la fotografia impietosa dell’Istat sull’Italia
I giovani soffrono, gli anziani se la spassano. Forse è una sintesi un po’ estrema, ma non troppo lontana dalla fotografia scattata dall’Istat nel suo rapporto annuale.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, che parla – tra l’altro – di una crisi demografica senza precedenti, «i giovani escono dalla famiglia di origine sempre più tardi sperimentando, rispetto alle precedenti generazioni, percorsi di vita più frammentati che spostano in avanti le tappe principali».
Più della metà dei giovani tra i 20 e i 34 anni – parliamo di 5milioni e 500 mila persone – è celibe o nubile e vive almeno con un genitore e i numeri, dice l’Istat, sono in continuo aumento a causa del rallentamento dei tempi di uscita dalla famiglia di origine.
Un fenomeno legato tanto alla mancanza di indipendenza economica dovuta all’allungamento dei tempi dedicati allo studio, quanto alla difficoltà di trovare un’occupazione che permetta di sostenere le spese che l’emancipazione dal nucleo familiare porta con sé, in primis quelle per la casa.
Ovviamente, su questi dati influisce anche una componente culturale, che spinge i giovani a non gettare il cuore oltre l’ostacolo e ad aspettare garanzie e stabilità prima di varcare la soglia di casa.
Migliorano le condizioni di vita degli anziani
Secondo l’Istat, per gli anziani aumentano gli anni vissuti in buona salute e senza limitazioni. «Se consideriamo la speranza di vita a 65 anni – scrive l’Istituto di Statistica – gli uomini possono contare in media su altri 19,3 anni, le donne su 22,4 (stime al 2018); rispetto a dieci anni fa. Tali valori sono in aumento, soprattutto per gli uomini (un anno e mezzo in più vs quasi un anno per le donne)».
«Per la stessa fascia d’età – si legge ancora nel rapporto – gli anni da vivere senza limitazioni nelle attività sono rispettivamente 10,0 e 9,4 anni (2017); rispetto al 2008 la vita media libera da limitazioni è aumentata di 1 anno per gli uomini e di 6 mesi per le donne».
Se i giovani tra i 20 e i 34 anni sono 9 milioni e 600mila, gli anziani di età pari o superiore agli 85 anni sono 2 milioni e 600 mia, il 3,6% della popolazione residente.
I giovani che lasciano l’Italia sono più degli immigrati che arrivano
Dal 2018 a otto, l’Italia ha perso 420mila residenti. La metà è costituita da giovani tra i 20 e i 34 anni: tra questi, 2 su 3 hanno un titolo di istruzione medio alto.
Secondo l’Istat, «la Lombardia è in assoluto la regione che ha ceduto ad altri Paesi più risorse qualificate (-24 mila giovani residenti), seguita dalla Sicilia (-13 mila), dal Veneto (-12 mila), dal Lazio (-11 mila) e dalla Campania (-10 mila). Tuttavia, considerando congiuntamente le migrazioni con l’estero e quelle interregionali, le regioni del Centro-nord, e in particolare la Lombardia e l’Emilia-Romagna, mantengono dei saldi totali positivi mentre le regioni del Mezzogiorno mostrano saldi totali negativi».
I giovani del Sud emigrano sia nelle zone maggiormente produttive del Centro-nord sia nei Paesi esteri. L’85 per cento dei giovani italiani emigra nei paesi dell’Unione Europea: in particolare Regno Unito (31 mila), Germania (21 mila), Svizzera (15 mila) e Francia (12 mila). Tra i paesi extra-europei i saldi negativi più significativi si registrano negli Stati Uniti (7 mila) e in Australia (4 mila). L’Italia, al contrario, “strappa” i giovani dalla Romania e dal Venezuela.
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