Sea Watch, capitano contro capitana. Salvini: «Trafficanti di uomini». Lei: «Fateli sbarcare»
Continua l’ennesimo braccio di ferro fra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e la ong Sea Watch che da sei giorni è al largo di Lampedusa, ma non può sbarcare i 43 migranti a bordo per il blocco imposto dal Viminale, legittimato dal decreto Sicurezza bis e dalla sentenza del Tar del Lazio che ha respinto il ricorso dell’associazione umanitaria.
Salvini in questi giorni è stato durissimo con la Ong. Ieri 19 giugno aveva definito gli attivisti della nave «delinquenti» e «sequestratori di esseri umani», oggi rincara la dose: «La nave Sea Watch se ne frega delle leggi e fa traffico di esseri umani e io, il permesso di attracco a chi se ne frega delle indicazioni non lo darò mai, nemmeno a Natale o a Capodanno» ha dichiarato il ministro intervenendo su RadioUno.
Al vicepremier leghista ha replicato la capitana della Sea Watch, con una modalità cara a Salvini: un video sui social network. Da Twitter arriva infatti l’appello di Carola Rackete: «Abbiamo immediata necessità di sbarcare queste persone in sicurezza il prima possibile» dice, spiegando che la situazione a bordo è sempre più precaria.
Rackete va direttamente all’attacco di Salvini. Secondo la capitana della Sea Watch, il decreto Sicurezza bis, nella parte che riguarda la chiusura dei porti alle navi che soccorrono i migranti, sarebbe «in contrasto con legge del mare». La nave si troverebbe, invece, oggi in una situazione senza sbocchi: «In questo modo non abbiamo alcuna opzione per sbarcare le 43 persone ancora a bordo, che sono sempre più preoccupate del loro futuro», continua Rackete. Per i migranti a bordo, anche in conseguenza del rollio dell’imbarcazione, ci sarebbero problemi di disidratazione.
La situazione però ha dei risvolti paradossali. Se alla Ong viene impedito di far scendere a terra i migranti, soltanto ieri 45 immigrati sono stati soccorsi dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza a poche miglia dalle coste della stessa Lampedusa. I cittadini del Senegal, della Costa d’Avorio, del Kenya e della Somalia, sono stati poi trasferiti immediatamente nell’hotspot dell’isola.
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