Decreto crescita, deputati Pd assenti al voto finale (venerdì sera). Zingaretti: «Voglio spiegazioni»
Ventinove su centoundici: tanti sono stati i parlamentari del Partito democratico presenti in aula in occasione del voto finale sul decreto Crescita, venerdì sera. E stavolta il segretario dem si è innervosito. Qualcuno dovrà dare spiegazioni, ha detto Nicola Zingaretti. «Sì, molti colleghi hanno lasciato la Camera poco prima del voto per non perdere l’ultimo areo», spiega all’AdnKronos Ivan Scalfarotto, che in aula c’era. «Ma dopo una giornata intera di votazioni, in cui i numeri dei presenti erano ben diversi. Il tutto, poi, al termine di una settimana di grande confusione con la maggioranza che è stata costretta a rinviare il testo in commissione perché avevano fatto errori».
La maggioranza era in bilico?
Le polemiche erano state acuite dall’ipotesi che l’assenteismo Pd avesse fatto perdere l’occasione di mandare sotto la maggioranza proprio sul decreto Crescita. I sì, ricostruisce ancora l’AdnKronos, sono stati 270 (a ranghi completi la maggioranza parlamentare conta 346 voti, ampiamente sopra i 316 necessari). Ma le opposizioni al completo – quindi Leu, Pd, Misto, Forza Italia, FdI – in caso di voto compatto, possono contare su 286 deputati.
Un’ipotesi che Scalfarotto esclude: «Anche se fossimo stati tutti presenti, compresi quelli che erano in missione, non avremmo mai mandato sotto la maggioranza. Lo dico da ex-sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento». I lavori parlamentari però, prosegue, «sono più complicati di un pallottoliere. Il fatto che ci siano stati 270 sì vuol dire che Lega e M5S hanno partecipato in modo piuttosto compatto al voto. In queste condizioni, l’opposizione non ha molte chance. Le puoi avere se la maggioranza è divisa, allora in quel caso siamo allertati a presidiare l’aula. Non era quella la situazione…».
Le parole di Zingaretti
«È chiaro che qualcuno dovrà spiegare che cosa è accaduto ieri», ha detto da Reggio Calabria Zingaretti. «È giusto rispetto all’episodio chiarire che la sottovalutazione delle presenze, che c’è sicuramente stata, è totalmente mia esclusiva responsabilità», risponde in serata il capogruppo dem Graziano Delrio. Che conferma la ricostruzione di Scalfarotto: «Non sarebbe comunque stato possibile sconfiggere la maggioranza visto che solo il Pd e Leu votavano contro».
Polemica finita? Non proprio. #YesWeekend (in memoria dell’obamiano/veltroniano Yes, we can) è uno dei modi in cui sui social viene apostrofato l’assenteismo dem, complice l’arrivo del fine settimana. Una vicenda che fa discutere anche per i suoi recenti precedenti, come quello del voto a favore dei minibot in commissione («Ci siamo sbagliati»).
Dopo la vittoria di Nicola Zingaretti alle primarie, ricostruisce ancora l’agenzia AdnKronos, si era parlato di un cambio al vertice del gruppo alla Camera, sostituendo quindi Graziano Delrio. Operazione non riuscita a causa di una serie di pareri contrari a partire da quelli dei componenti dell’area Dem che fa riferimento a Maurizio Martina. Così come restano immutati, fermi all’era pre-Zingaretti, gli assetti dell’ufficio di presidenza del gruppo: non ne fa parte nessun deputato vicino all’attuale segretario.
In copertina il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, in una immagine del 14 giugno 2019. Ansa/Claudio Peri
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