È andato molto male il vertice di ieri sera a Palazzo Chigi. Riparte il tam tam di crisi
Cresce la febbre nella maggioranza gialloverde dopo il fallimento del vertice di ieri sera a Palazzo Chigi. Doveva essere varato il provvedimento sull’Autonomia regionale e si dovevano prendere decisioni sul futuro delle autostrade: non si è fatta né una cosa né l’altra.
Oggi nel consiglio dei ministri non ci sarà traccia del ddl Autonomie, e anzi il testo è di nuovo in discussione, col M5s tornato a sospettare squilibri irreparabili ai danni delle regioni meridionali: alcune fonti attribuiscono a Luigi Di Maio stesso uno sfogo indicativo: «Questi sono tornati a sognare la secessione».
Idem a parti invertite sulle autostrade: il Movimento aveva portato al vertice la svolta di un ritiro immediato della concessione di Autostrade per l’Italia ai Benetton, insomma la linea tracciata a caldo dieci mesi fa dopo il crollo del ponte Morandi a Genova.
La discussione non ha fatto neanche un metro di percorso, con la Lega pronta a obiettare: se puniamo i Benetton poi loro non partecipano al salvataggio di Alitalia, ed è il patatrac, col rischio concreto di un fallimento della compagnia.
Ma in generale il clima del doppio vertice è stato da subito e per tutto il tempo venato di negatività, con l’aperta irritazione dei 5 Stelle per il dentro e fuori di Giorgetti prima e Salvini poi, impegnati nella partecipazione ai talk show televisivi della serata, a cui Di Maio e i suoi avevano detto di no proprio per via dell’impegno a Palazzo Chigi.
E soprattutto grillini e leghisti avevano passato una giornata di ordinaria tensione tra diffidenze e schermaglie dopo l’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Milano e Cortina e le notizie contraddittorie sugli adempimenti riguardanti la ferrovia Torino-Lione.
Gli alleati si erano contestati l’un l’altro di essere stati in passato contrari ai Giochi in Italia, salvo poi esultare e intestarsi la vittoria di Losanna; e quanto alla Tav le distanze si sono – se possibile – ampliate in risposta alle nuove sollecitazioni europee, con gli esponenti del Movimento rigidi sul no, possibilisti al massimo sull’ipotesi di un piano B (un’opera più “leggera” sui percorsi già esistenti) e Salvini a ironizzare: «O la Tav è ad alta velocità o non ha senso».
Su tutto poi è tornato a essere ben udibile il tam tam di una possibile crisi a luglio, proveniente da settori della Lega convinti che l’alleanza di governo sia arrivata ai titoli di coda, e frenata solo da un timore: e se poi non si va subito al voto?
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