Dal Mediterraneo al Messico, la mappa dell’emergenza migratoria: i dati che non si possono più ignorare
El Salvador è uno piccolo Paese dell’America Latina, incastrato tra Honduras e Guatemala. Da quel pezzo di terra scagliata sull’Oceano Pacifico, famosa per le spiagge e per il surf, veniva Oscar Alberto Martinez. Un nome sconosciuto fino al 26 giugno, quando l’immagine di lui e di sua figlia annegati nel Rio Grande ha fatto il giro del mondo. Alberto e Angie Valeria stavano tentando di arrivare negli Stati Uniti, passando per il Messico, attraverso uno dei confini più discussi degli ultimi quattro anni.
Come Alan Kurdi ci aveva aperto gli occhi sulla crisi migratoria del 2015, oggi Angie Valeria ci ricorda che quel fenomeno è un’emergenza globale che va ben oltre i porti italiani. I pantaloni rossi, il viso nascosto nell’acqua di un canneto e il braccio appoggiato sul collo del padre, saranno i dettagli di un’altra immagine che non dimenticheremo.
Nelle elezioni Europee del 2019, il tema delle migrazioni è stato al centro del dibattito politico. Anche oggi, il pugno duro contro le Ong è terreno fertile per l’aumento dei consensi in Italia e in Europa. Ma mentre il caso della SeaWatch3 che entra in acque italiane senza il permesso del Governo spacca in due il Paese, i dati mettono tutti d’accordo: la questione migratoria è una dinamica impossibile da ignorare. Ed è un’emergenza, prima ancora che politica, umanitaria.
Il Rapporto Global Trends del 2018, pubblicato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), parla di cifre da record per il quinto anno consecutivo. In tutto il mondo, sono quasi 71 milioni le persone che sono state forzate a lasciare le loro case per contesti nazionali (o locali) altamente problematici. Solo il 3% di loro è tornato a casa nel 2018.
Profilo di un migrante: chi è il soggetto in fuga?
Vista la natura fuggiasca di molti dei movimenti migratori, è facile aspettarsi che il dato di 70,8 milioni sia in realtà un’approssimazione per difetto. Ma anche limitandosi ai numeri raccolti da UNHCR, i dati sono piuttosto eloquenti: nel 2018, di media 25 persone al minuto sono fuggite dai loro luoghi di residenza.
Nello specifico si tratta di 25,9 milioni di rifugiati, 20,4 milioni di rifugiati sotto protezione dell’UNHCR, 5,5 milioni di rifugiati palestinesi sotto la protezione dell’UNRWA (Agenzia dele Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione), 3,5 milioni di richiedenti asilo. A questi vanno aggiunti 41,3 milioni di sfollati che fuggono dalle proprie case senza uscire dai confini nazionali – internally displaced person.
Il numero dei bambini non accompagnati o separati durante le traversate è di 138.600. Una stima che, secondo gli stessi autori del rapporto, è da considerare ampiamente inferiore alla situazione reale. In generale, gli under 18 rappresentano la metà esatta del numero dei migranti partiti nel 2019. Il 9% in più del 2009.
Geopolitica di una crisi: quali sono le rotte migratorie più percorse?
«Non sono tanto le motivazioni individuali ad apparire incomprensibili – scriveva il giornalista e scrittore Alessandro Leogrande in La frontiera (Feltrinelli, 2017) – Chiunque parta lo fa per scappare da una situazione divenuta insopportabile, o per migliorare la propria vita, per dare un futuro dignitoso alla moglie o ai figli, o semplicemente perché attratto dalle luci delle città, dal desiderio di cambiare aria. No, non è questo ad apparire incomprensibile. Ad apparirci spesso incomprensibili sono i frammenti di Storia, gli sconquassi sociali, le fratture globali che avvolgono le motivazioni individuali, fino a stritolarle. Incomprensibili perché provengono letteralmente “da un altro mondo”».
Dalla Siria al Venezuela, dalla rotta balcanica a quella adriatica, dalle fughe dal Sud Sudan, dalla Libia e dal Congo, fino ad arrivare a quelle in Bangladesh dei rohingya del Myanmar, la geografia delle migrazioni è talmente ampia che è quasi impossibile da esaurire. Un fenomeno globale, un insieme di «sconquassi sociali» che per il 67% si riferiscono a un poker di Paesi specifici. Tra 2017 e 2018, a far partire più della metà delle migrazioni sono stati Siria (6,7milioni), Afghanistan (2,7milioni), Sud Sudan (2,3milioni), Myanmar(1.1milioni) e Somalia (0,9milioni).
A causa della crisi politico-sociale scoppiata il 23 gennaio scorso in Venezuela, il Paese sudamericano ha visto crescere esponenzialmente il numero di rifugiati e richiedenti asilo in fuga. Le persone che hanno attraversato i confini venezuelani negli ultimi cinque mesi sono stati circa 3,4 milioni, molti dei quali diretti in Perù.
Tra tutti gli Stati che partecipano a questo movimento globale, il Libano è quello che ospita più persone in rapporto al numero di abitanti (quasi un milione di arrivi su 6 milioni di residenti).
La situazione nel Mediterraneo
Solo nel 2019, si sono mosse verso la Spagna, l’Italia, la Grecia, Malta e Cipro circa 34,376 persone. 581 di loro sono morte durante il viaggio, che per la maggior parte delle volte è via mare (26,388 migranti arrivati dalle acque, contro 7,988 arrivati via terra). Dati che sembrano nulla se si paragonano a quelli registrati nel 2015, quando a fine anno si contarono più di un milione di arrivi (1,032,408) e quasi 4mila morti (3,771).
Non è un caso che nel 2016 l’Europa abbia stretto degli accordi con Ankara per esternalizzare i propri confini. In percentuale, stando alle etnie degli arrivi, la rotta turca è una tra le più incisive: il 26% dei migranti approdati nell’area Mediterranea nel 2019 è di origine afghana e siriana. Nel 2018, la Turchia da sola ha ospitato il numero più alto di migranti in tutto il mondo, toccando la cifra di 3,7milioni.
In occasione della giornata mondiale per il rifugiato, il 20 giugno, l’Unhcr ha lanciato un appello all’Italia affinché accogliesse i migranti a bordo della Sea Watch3. «L’Europa ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione dell’architettura legale che sorregge il diritto internazionale in materia di asilo – aveva dichiarato Vincent Cochetel, Inviato Speciale UNHCR per il Mediterraneo Centrale – È giunto il momento di invocare quella storia gloriosa di assistenza alle persone in fuga da guerre, violenza e persecuzione, e di permettere ai rifugiati soccorsi di scendere a terra in sicurezza».
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