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Giambattista, ricercatore contro l’Università di Catania: «Ho denunciato un concorso truccato e sono stato isolato» – L’intervista

28 Giugno 2019 - 15:42 Fabio Giuffrida
ricercatore
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Una lotta contro i baroni che gli è costata cara: la sua colpa è aver denunciato un presunto concorso truccato all'Università di Catania

Abbattuto il muro d’omertà sulle università italiane e sui presunti concorsi truccati grazie all’inchiesta della Procura di Catania che oggi ha portato alla sospensione dal servizio del rettore Francesco Basile e di altri nove professori (in totale sono 40 i docenti indagati).

A essere rimasto vittima di questo mondo «chiuso» è Giambattista Scirè, originario di Ragusa, che nel 2011 partecipò al concorso da ricercatore in Storia contemporanea all’Università di Catania. Un contratto a tempo determinato, un sogno che si stava avverando. E, invece, no: nonostante i titoli quel posto verrà assegnato ad un’altra persona che «non aveva né il dottorato di ricerca né era del settore messo a bando».

La battaglia contro i baroni

Da lì comincia la sua battaglia. Prima al Tar, poi in tribunale. Dalla giustizia amministrativa a quella penale: tutti gli danno ragione. Peccato che l’Università di Catania non lo abbia mai reintegrato al lavoro e oggi Giambattista Scirè non svolga la professione per cui ha studiato. «Non ho potuto lavorare, non mi hanno reintegrato al lavoro. La mia carriera si è bloccata e tutti mi hanno chiuso le porte in faccia. Prima collaboravo con riviste e scrivevo libri. Poi il nulla: sono stato messo ai margini, sono stato isolato, emarginato. La mia vita personale e professionale è stata rovinata» ha raccontato a Open.

Nonostante le vittorie, Scirè non ha mai fatto il ricercatore di Storia contemporanea all’Università di Catania («Hanno eluso le sentenze, mi hanno riconosciuto solo un risarcimento amministrativo»), tranne per un periodo di 4 mesi con un contratto «non regolare che poi ha impugnato».

«In altre parole, mi hanno fatto fuori. Ancora aspetto di essere reintegrato al lavoro, spero che adesso qualcosa cambi, che ci sia una gestione più trasparente, che si smetta di considerare l’università come un mondo chiuso, fatto di baroni, scambi di favori, una casta inaccessibile» è il racconto amaro.

«Collusione a più livelli»

Intanto lo storico e ricercatore universitario l’ha spuntata anche in tribunale: la commissione che lo ha giudicato (e, dunque, escluso dal concorso) è stata condannata in primo grado, lo scorso 16 aprile, per abuso d’ufficio in concorso. Reclusione e interdizione ai pubblici uffici per un anno. Nella sentenza si parla di «collusione che emerge a più livelli».

«Concorsi col vincitore già scritto»

Una «prassi», quella delle università italiane, di bandire «concorsi predeterminati con il nome del vincitore già scritto», altro che bandi pubblici.

Un problema che non riguarda solo Catania ma tutta Italia, come scoperchiato oggi dall’inchiesta della Procura guidata da Carmelo Zuccaro: tante le segnalazioni che ogni anno riceve l’associazione Trasparenza e merito: l’università che vogliamo. «Una volta c’era molto timore perché si sapeva che, se denunciavi, venivi fatto fuori. Ora, invece, sento che c’è un’aria nuova» ha concluso il ricercatore.

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