CasaPound non è più un partito, Di Stefano: «Il voto ci ha punito, colpa dell’ossessione per il fascismo»
Qualche giorno fa CasaPound ha deciso di mettere fine alla sua esperienza “elettorale” e “partitica”. A dare l’annuncio Gianluca Iannone, il presidente del movimento, che su Facebook aveva sottolineato che «la decisione non segna affatto un passo indietro da parte del movimento, ma anzi è un momento di rilancio dell’attività culturale, sociale, artistica, sportiva di Cpi».
A pochi giorni dall’annuncio, CasaPound torna a parlare di quella decisione e dell’ultimo anno come partito: dalla sconfitta elettorale alle Elezioni europee agli attacchi dei giornali di sinistra. A farlo è Simone di Stefano, vicepresidente di Cpi, in un’intervista rilasciata a La Verità.
«Dalla sinistra campagne mediatiche assurde»
«Abbiamo inventato uno stile nuovo che ci ha reso oggetto della curiosità degli analisti di mezzo mondo. I risultati elettorali sicuramente non rispecchiano questo valore. Abbiamo deciso di tornare avanguardia, oltre l’ingessameno portato dalle elezioni».
Il 26 maggio CasaPound ha chiuso con lo 0,33% alle elezioni per il Parlamento europeo. Una sconfitta che secondo Di Stefano sarebbe da cercare nella campagna mediatica del «pro o contro Salvini. Le campagne assurde della sinistra, che hanno agitato spauracchi per polarizzare il voto».
Chiusa la parentesi politica, Di Stefano non mette veti però a future partecipazioni politica: «Gli iscritti di CasaPound saranno liberi di scegliere se partecipare o meno alla politica con Lega o FdI per esempio».
«Basta presidi nei centri di accoglienza»
Poi ancora un affondo alla sinistra e al caso della Sea Watch: «Se la sinistra continua così, andando per esempio sulla Sea Watch, perderà oltre il 50% dei voti», continua Di Stefano, che sul futuro chiarisce: «Il tempo dei presidi contro i centri d’accoglienza è finito. Vorremmo che fossero le nostre idee a far discutere».
Sulla sconfitta alle ultime elezioni punta il dito contro chi continua a parlare di fascismo: «Questa ossessione ci ha danneggiati, siamo stati visti come l’anello debole del mondo sovranista».
E a chi chiede che CasaPound venga sgomberata dallo stabile occupato a Roma, Di Stefano risponde: «Siamo un presidio di vitalità sociale e culturale in un quartiere lasciato al caos e al degrado come l’Esquilino».
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