Il Giappone ricomincia a cacciare balene a fini commerciali
Hanno preso il largo, oggi lunedì 1 luglio, otto baleniere giapponesi. Cinque imbarcazioni dotate di arpioni hanno lasciato Kushiro, nel nord del Giappone, altre tre Shimonoseki, nel sud. Per la prima volta dopo trent’anni i giapponesi possono pescare di nuovo le balene a fini commerciali. Da qui a dicembre, i cacciatori intendono uccidere 227 mammiferi, ha annunciato l’agenzia di pesca locale al summit del G20 a Osaka sabato 29 giugno.
Domenica 30 maggio Tokyo si è infatti ritirata dalla Commissione Baleniera Internazionale. Il Giappone aveva già annunciato quest’intenzione l’anno scorso, esprimendo frustrazione per non essere riuscito a convincere gli altri membri della Commissione a supportare una caccia «sostenibile» del grande mammifero marino.
Il Giappone era già stato ampiamente criticato per aver usato una clausola nella moratoria del 1986 sulla caccia alla balena per condurre battute di «ricerca» nell’Antartico. In queste missioni venivano uccise circa 1.000 balene all’anno, nonostante le operazioni di boicottaggio portate avanti dal gruppo Sea Sheperd. La carne proveniente da queste spedizioni veniva venduta sul mercato, a dimostrazione della natura commerciale della «ricerca».
In seguito al ritiro dalla Commissione, il Giappone non avrà più accesso all’Antartico per le «operazioni di ricerca» ma condurrà le battute di caccia nella sua zona economica esclusiva. Con il ritorno della caccia alle balene, i pescatori sperano di rilanciare il consumo domestico della carne del mammifero, precipitato da 200.000 negli anni ’60 a 5.000 tonnellate l’anno.
Per molti invece, la reintroduzione del costoso programma di caccia alle balene a fini commerciali non sarà altro che l’inizio della fine della pratica stessa, che soccomberà presto a un’assenza di domanda. Già nel 1986, anno precedente all’introduzione della moratoria sulla caccia alle balene, il consumo di carne del mammifero era infatti sceso a 6.000 tonnellate l’anno.
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