Nuove cariche Ue: chi sono gli eredi di Donald Tusk e Federica Mogherini
Quando il Partito Democratico di Matteo Renzi vinse le elezioni europee nel 2014 con uno strabiliante 40% di consensi, la nomina di Federica Mogherini ad alto rappresentante dell’Unione europea agli Affari Esteri fu uno dei premi portati a casa dall’Italia.
Negli ultimi anni ha presidiato sull’inasprimento dell’azione russa nei confronti dell’Europa seguito all’annessione della Crimea, sul raffreddamento dei rapporti tra gli Stati Uniti e i suoi alleati europei e su una serie di crisi politiche, dalla guerra civile in Libia al Venezuela passando per i negoziati sul nucleare con l’Iran.
Non sempre l’Unione europea ha saputo parlare con un’unica voce in merito, spesso deferendo alla politica estera dei vari Paesi membri. La gran parte del suo lavoro Mogherini è stata costretta a farlo dietro le quinte. Non si può dire altrettanto dell’uscente presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. L’ex premier polacco è stato sempre al centro dell’azione politica europea, sia davanti che dietro ai riflettori, dal bail-out greco alla Brexit.
Ora i due dovranno lasciare spazio alle nuove nomine: il belga Charles Michel prenderà il posto di Tusk, mentre sarà il ministro degli esteri spagnolo Josep Borrell a sostituirsi alla Mogherini.
Si tratta di un’ennesima vittoria per Emmanuel Macron che, dopo aver liquidato il sistema di spitzenkandidaten e bocciato la nomina del tedesco Manfred Weber a capo della Commissione europea, è riuscito a far eleggere un suo alleato a capo del Consiglio europeo. Ma anche di una (mezza) vittoria per il premier socialista Pedro Sanchez, sotto attacco in patria per la mancata nomina del compagno socialista Frans Timmermans alla presidenza della Commissione, andata invece alla tedesca Ursula Von Der Leyen.
Charles Michel
Politico di carriera, suo padre è stato ministro degli Esteri nel governo di Guy Verhofstadt (1999-2004) e poi commissario europeo durante l’era di Romano Prodi e di José Manuel Barroso. Dopo aver passato l’esame d’avvocato anche Charles è entrato in politica, diventato ministro a 25 anni e in seguito primo ministro del Belgio a 38, il più giovane a ricoprire la carica in più di un secolo.
Una posizione che occupa tuttora come capo di un governo di transizione, nato dopo essere stato premier per quattro anni di una coalizione di quattro partiti. Finché uno dei partner di governo, il partito nazionalista fiammingo Nva, non si rifiutò di firmare il migration compact delle Nazioni unite, staccando la spina all’esecutivo.
Le sue evidenti doti di pragmatismo e diplomazia, importanti qualità per un presidente del Consiglio europeo, lo hanno reso – insieme alla sua vicinanza a Emmanuel Macron, membro di spicco del gruppo nell’europarlamento Renew Europe di cui anche Michel fa parte – un candidato papabile nonostante la sua debole posizione in Belgio.
Il suo Movimento riformatore è arrivato settimo sia alle elezioni europee, sia alle elezioni per il parlamento del Belgio di fine maggio, con soltanto il 7% circa dei consensi in entrambi i casi.
To be appointed President of #EUCO is a great responsibility and a task I will fulfill with commitment.
— Charles Michel (@CharlesMichel) 2 July 2019
A united #Europe with respect for national diversity is my objective.
Solidarity, freedom & mutual respect are the core of the European Union. I will uphold those values. pic.twitter.com/CLBMDaeVu6
Josep Borrell
Attualmente ministro degli esteri nel governo socialista di Pedro Sanchez, Borrell è stato già presidente del Parlamento europeo per due anni e mezzo, a cominciare dal luglio del 2004. Alle spalle ha un passato da ingegnere aeronautico ma anche una lunga carriera politica, cominciata come consigliere municipale a Madrid e proseguita come ministro nel governo di Felipe Gonzàlez dal 1991 al 1996.
Borrell è stato anche membro del Congresso dei deputati a Barcellona ed è uno dei più critici della causa per l’indipendenza catalana. Come ministro degli Esteri spagnolo è stato molto critico nei confronti dell’amministrazione americana, sia per quanto riguarda la crisi in Venezuela – ha definito «cowboyesco» atteggiamento Usa – sia per quanto riguarda la decisione dell’amministrazione Trump di permettere ai cittadini americani di origine cubana, i cui antenati avevano subito delle confische da parte del regime castrista, di far causa al Paese d’origine.
Da ministro degli Esteri, Borrell è stato anche criticato per aver siglato un accordo con il suo omologo russo stabilendo un gruppo condiviso in materia di cybersecurity. L’ultimo punto di domanda riguarda la sua età: a 72 anni nel suo nuovo ruolo Borrel dovrà continuare a viaggiare in lungo e in largo per il pianeta per cinque anni ancora.
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