Guerra in Libia, Sarraj valuta il rilascio di tutti i migranti dai centri di detenzione
Il Governo di Accordo Nazionale libico di Fayez al-Sarraj da una parte, l’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar dall’altra. Gli interventi internazionali del caso a inasprire la situazione. Nel mezzo, centinaia di detenuti nei centri di detenzione presenti in Libia. Dopo la morte di almeno 100 persone nel centro di Tajoura a causa dei bombardamenti del 3 luglio, al-Sarraj sta valutando il rilascio di tutti i migranti e rifugiati detenuti.
L’informazione arriva poche ore dopo la notizia degli spari fuori dalla struttura, riportata dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari. Le guardie del centro di detenzione a est di Tripoli hanno sparato su alcuni profughi che tentavano di fuggire dai bombardamenti aerei.
Secondo il The Libya Observer, il ministro dell’Interno della Libia, Fathi Bashagha, ha dichiarato che il Governo di al-Sarraj «è obbligato a proteggere tutti i civili, ma gli attacchi verso i centri di detenzione dei migranti da parte dei caccia F16 è al di là della capacità governativa di proteggerli».
Il raid
Le responsabilità della tragedia non sono chiare: parlando in termini di «crimini di guerra», il rappresentante dell’Onu per il conflitto libico, Ghassan Salamé, non si è pronunciato sui responsabili. Tutti gli indizi porterebbero al sospetto numero uno, Haftar, che ha iniziato la sua avanzata verso Tripoli lo scorso 4 aprile dopo aver conquistato il Fezzan, regione a sud della Tripolitania.
Quello di ieri 3 luglio non è il primo bombardamento che ha colpito i centri presenti in Libia: già ad aprile, dalle strutture di Qaser Bin Gashir e Zintan erano arrivate delle richieste di aiuto da parte dei detenuti: «Abbiamo paura», dicevano i migranti. «Non possiamo scappare e anche se cerchiamo di farlo rischiamo di essere rapiti, per cui preferiamo stare in questa prigione disgustosa. È un momento terribile. La guerra ci fa paura. Sentiamo le bombe cadere».
I numeri dei centri di detenzione
I migranti presenti in Libia sono circa 700mila: di questi, oltre 6mila sono rinchiusi nei centri di detenzione, e oltre la metà dei quali vicino alla a linea degli scontri. Secondo gli ultimi numeri forniti dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, 3.800 persone si trovano in centri in zone di combattimenti, come quello di Tagiura.
Dei 700 mila, il 12% sono donne quasi sempre vittime di stupri e abusi di ogni sorta. I bambini rappresentano il 9%. La nazionalità più rappresentata (in tutto sono oltre 40 i Paesi di provenienza) è il Niger con il 19%. Seguono l’Egitto (14%), Ciad (13%) e Sudan (12%).
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