Stato di preallerta a Stromboli, ma «non ci sono motivi sufficienti per evacuare l’isola»
Il vulcano di Stromboli continua a fare paura, del resto in passato potrebbe aver fatto anche di peggio. Dopo l’eruzione del 3 luglio scorso, si è parlato di «allerta gialla», anche se di ufficiale non c’è ancora niente.
Tutto è cominciato alle 16:46, con quella che l’Ingv ha definito una «violenta sequenza esplosiva». Le immagini raccolte dall’Osservatorio etneo raccontano di almeno due eventi distinti e ravvicinati.
Come riporta l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), l’ultima esplosione è stata un evento raro che può presentarsi mediamente non più di sei volte ogni secolo. Pochi minuti prima qualcosa aveva fatto presagire l’evento, con la manifestazione di «alcuni trabocchi lavici».
La recente eruzione si lascia dietro un escursionista morto (il messinese Massimo Imbesi) e due feriti. Secondo l’Ingv, «lo Stromboli è ancora in disequilibrio», sono stati registrati infatti dei tremori su livelli più alti nei condotti magmatici interni.
Il sindaco di Lipari Marco Giorgianni ha così disposto in via precauzionale il divieto di escursioni. Secondo la prefettura di Messina, esiste per il momento uno stato di preallerta, «l’unità di crisi è attiva da quando si è verificata l’esplosione».
Al momento, secondo le autorità impegnate nel controllare il vulcano, non sussistono motivi sufficienti per evacuare l’isola di Stromboli. I canadair sono stati in azione soprattutto nelle zone di Petrazze e Forgia Vecchia. Intanto, almeno 98 turisti avrebbero lasciato l’isola, mentre cresce la tensione tra i residenti.
Quando tutto è cominciato l’Ingv ha registrato una colonna eruttiva che si è innalzata per almeno due chilometri verso il cielo, in direzione sud-ovest. Inoltre, sono stati contati altri 20 eventi sismici minori, ma la situazione è sotto controllo:
«L’evoluzione dei fenomeni è seguita continuamente – assicura l’Istituto di vulcanologia – attraverso le reti di monitoraggio e dal personale in campo delle Sezioni dell’Ingv, Osservatorio etneo di Catania, Osservatorio vesuviano di Napoli e di Palermo».
Dobbiamo ancora preoccuparci? Risponde il vulcanologo dell’Ingv Marco Neri
Nonostante le rassicurazioni, questo evento continua a suscitare comprensibili ansie, specie da parte della popolazione locale: quanto sono giustificate? Il vulcanologo e geologo strutturale Marco Neri, primo ricercatore dell’Ingv, spiega a Open cosa sta succedendo esattamente a Stromboli.
Può spiegarci com’è attualmente lo stato della situazione?
«Quello che è avvenuto ieri è un fenomeno abbastanza rilevante – osserva il vulcanologo – come non ne ce ne sono tanti: in un secolo possono avvenire quattro o cinque fenomeni esplosivi di tale intensità. Questa attività esplosiva ha provocato tanti incendi lungo i fianchi del vulcano, perché i prodotti vulcanici sono caduti lungo i fianchi, questo ovviamente ha creato sconcerto nella popolazione».
«L’esplosione ha generato una “corrente piroplastica” ovvero un flusso di materiale incandescente diretto in particolare nei pressi di Ginostra. Questo ha causato purtroppo la morte dell’escursionista Massimo Imbesi e il ferimento di altre due persone».
«Si è trattato di un fenomeno violento e rapidissimo, generatosi in poche decine di secondi, che ha creato molta paura; quindi inizialmente la popolazione voleva andare via. Al momento mi risulta che Ginostra è stata sostanzialmente evacuata, ma il resto dell’isola no».
«Per quanto ci possa essere un po’ di preoccupazione, i parametri geofisici sono rientrati rispetto all’attività esplosiva. Non c’è un’ordinanza particolare di sgombero o di evacuazione: sarebbe comunque ingiustificata».
«In questo momento c’è un assoluto divieto di accesso a visitatori ed escursionisti da quota 400 metri in su, quindi oltre la sommità non si può andare. Si fa eccezione per le guide autorizzate e per noi vulcanologi: noi siamo autorizzati a rischiare».
L’Ingv nel descrivere questo fenomeno ha parlato di «evento esplosivo parossistico»: cosa significa?
«Lo Stromboli può produrre tre tipi di attività esplosiva – precisa Neri – dette proprio “stromboliane”»:
«La prima (stromboliana debole) produce il lancio di brandelli di lava a una altezza di alcune decine di metri dalla bocca eruttiva, questo tipo di attività non è mai pericolosa, perché i prodotti dell’eruzione ricadono all’interno della terrazza craterica stessa»;
«La seconda (stromboliana maggiore) con brandelli che possono raggiungere la distanza di 150/200 metri, ricadendo anche al di fuori della terrazza craterica»;
«La terza (stromboliana parossistica) con brandelli di magma che si elevano in atmosfera per alcuni chilometri – come quella di ieri che ha raggiunto come minimo tre o quattro chilomentri – quando questa colonna di ceneri, lapilli e gas collassa su se stessa produce, come ieri, anche la formazione di correnti piroclastiche, le quali possono viaggiare alla velocità di cento chilometri orari, distruggendo un po’ tutto quel che raggiungono, l’escursionista morto ieri si trovava proprio sulla sua traiettoria».
Immagine di copertina: ANSA/CARMELO IMBESI/Ultimi focolai d’incendio sulle pendici del vulcano. Stromboli (Messina), 4 luglio 2019
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