È morto Ugo Gregoretti, il regista che raccontò i giovani degli anni Sessanta
È morto a Roma all’età di 88 anni Ugo Gregoretti, noto regista cinematografico, autore televisivo, giornalista e scrittore. Gregoretti fu una dei primi professionisti italiani a coniugare (e a far entrare anche in contrasto) tv, giornalismo e cinema. Un cortocircuito avversato dalla critica, ma che col tempo venne riconosciuto e apprezzato da pubblico e esperti del settore, al punto da diventare una figura quasi profetica nel racconto dell’Italia di ieri e di oggi. Poco disciplinato, volontariamente fastidioso e ingombrante, dotato di un’ironia sferzante, acuta e gentile.
L’Italia del boom economico e de I nuovi angeli
Gregoretti, all’inizio della sua carriera, è stato un documentarista che ha raccontato l’Italia degli anni Sessanta, della “Generazione delle tre M” (mestiere, moglie e macchina) senza mai scendere nella denuncia o nel giudizio, ma lasciando raccontare ai protagonisti (spesso attori improvvisati, come nel caso de I nuovi angeli del 1962) l’Italia del boom economico. Un’Italia già divisa in due, tra Nord e Sud, con le campagne che si spopolavano e i figli della terra che le abbandonavano e “tradivano” le famiglie per le più vivaci città, ricche di possibilità lavorative e di futuro. Un’Italia scissa in due, ma legata – di fondo – dagli stessi desideri comuni a tutti.
Ro.Go.Pa.G e il “cervello lavato” degli italiani
E fu grazie a I nuovi angeli che Gregoretti venne notato da Roberto Rossellini, che lo coinvolse nel 1962 nel discusso film in 4 atti RO.GO.PA.G., in compagnia di Jean Luc Godard e Pier Paolo Pasolini, filmando l’atto de Il pollo ruspante, di cui è protagonista Ugo Tognazzi. Un film che venne censurato per vilipendio della religione cattolica e che venne rinominato giuridicamente Laviamoci il cervello.
Omicron e le lotte degli operai della Fiat
Con Omicron (1963) Gregoretti iniziò a far entrare le telecamere cinematografiche nelle fabbriche italiane della Fiat, per denunciare lo sfruttamento e l’alienazione degli operai della fabbrica italiana per eccellenza. Il film, benché basato sull’inchiesta giornalistica di alcuni anni prima, non ha nulla a che vedere con i reportage d’inchiesta a cui siamo abituati oggigiorno. Gregoretti preferì infatti impostare il proprio lavoro come un film fantascientifico e a tratti comico. Un film che costò molto a Gregoretti, in termini professionali e personali: bocciato inizialmente sia dalla critica sia dal pubblico, mandò il regista e attore sul lastrico economico e psicologico.
La cacciata da “Mamma Rai”
Un abisso da cui Gregoretti riuscì a riemergere dopo anni, nella veste di autore e regista televisivo, come nel caso dello sceneggiato Rai in sei puntate de Il Circolo Pickwick di Charles Dickens, che però non riscosse grande successo e fu così che Gregoretti, allontanato dalla Rai per cinque anni, si ritrovò in alto mare.
Ma era il tempo delle grandi lotte sociali, universitarie e operaie della fine degli anni Sessanta che risvegliarono la voglia di Gregoretti di immergersi nuovamente nel cinema impegnato e di denunzia sociale e politica e fu così che vennero registrati Apollon: una fabbrica occupata (1969) e Contratto (1970), sempre al fianco degli operai della Fiat.
La svolta teatrale e il riconoscimento artistico
Negli anni Ottanta Ugo Gregoretti si dedicò poi al teatro, arrivando a dirigere lo Stabile di Torino dal 1985 al 1989, per poi approdare alla presidenza dell’Accademia nazionale di arte drammatica Silvio D’Amico (dal 1995 al 2001) su richiesta del ministero dell’Istruzione.
Una carriera spesso osteggiata dall’alto, un carattere esuberantemente e gentilmente ostile alla democristianità politica, emotiva ed artistica dei tempi, una cultura che oscillava tra l’alto e il basso, tra il serio e faceto, tra il sorriso e la disperazione, in una miscellanea di tecniche di racconto dell’Italia e degli italiani spesso restii dall’accogliere lo spirito avanguardistico e irriverente di Ugo Gregoretti, il documentarista e regista anomalo che ha saputo raccontare la storia d’Italia moderna, ma che per lo più rappresentato soprattutto virtù e vizi degli italiani, ben prima che gli italiani stessi si rendessero conto della loro stessa natura.
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