La denuncia di Open Arms: «In Spagna le multe per le Ong superano i 900mila euro»
«Salvini non è da solo». A scriverlo su Twitter non è un sostenitore del vicepremier, anzi. Queste parole sono di Òscar Camps, il fondatore di Open Arms. Nata nel 2015, Open Arms è una di quelle Ong che si occupano di salvataggi nel mar Mediterraneo. Le stesse che negli ultimi anni sono entrate nel mirino del governo italiano che sta cercando di evitare i loro attracchi a colpi di multe e decreti. Un’offensiva in cui, a quanto pare, può contare su diversi alleati.
In un tweet, datato 1 luglio, Òscar Camps critica infatti il governo spagnolo per aver fissato una sanzione economica per le Ong che, senza autorizzazione, portano migranti sulle coste del Paese. Una multa ben superiore a quelle previste dal decreto Sicurezza Bis firmato dal governo Conte. Se infatti in questo caso la cifra da pagare può andare dai 10mila ai 50mila euro, per Madrid la sanzione parte da 200mila e può arrivare anche a 901mila euro.
Un segnale chiaro, che spiega come anche il governo guidato da Pedro Sánchez, socialista, stia compiendo ogni sforzo per impedire che le Ong continuino ad occuparsi della crisi dei migranti. Ora queste organizzazioni devono capire come cambierà il loro lavoro e quale spazio di manovra avranno nel mar Mediterraneo, o almeno sulle sue coste.
Open Arms: «Il Governo spagnolo non vuole che il dibattito si accenda»
Veronica Alfonsi si occupa del coordinamento di Open Arms in Italia.
Le informazioni riportate dal tweet pubblicato da Òscar Camps sono confermate?
«Sì, è una notizia vera. È tutto contenuto in un despacho del governo spagnolo. Fra le minacce che ci vengono fatte non c’è solo la possibile sanzione sopra i 200mila euro ma anche la sospensione dell’equipaggio professionista, a cui potrebbe essere impedito di riprendere il mare».
È la prima volta che Madrid prende una decisione del genere?
«No, un altro segnale era già arrivato a metà dello scorso aprile quando abbiamo chiesto l’autorizzazione a portare aiuti umanitari in Grecia. L’autorizzazione era arrivata ma con tutta una serie di precisazioni dell’autorità marittima spagnola. Ci dicevano che non potevamo deviare dalla rotta o entrare nella zona Sar, Search and Rescue».
Quante operazioni di salvataggio si sono concluse in un porto spagnolo?
«In realtà in Spagna sono arrivate solo tre operazioni, tutte avvenute nel 2018. Prima della chiusura dei porti italiani non c’era motivo di arrivare in Spagna. Uno sbarco è avvenuto nel porto di Barcellona, altri due in Andalusia».
Perchè non c’era motivo di arrivare in Spagna?
«Non si faceva perché le convenzioni internazionali dicono di far sbarcare nel porto sicuro più vicino. Oltretutto dalla zona Sar per arrivare in Spagna c’è bisogno di quattro giorni di navigazione in più rispetto all’Italia».
E adesso? Siete di nuovo in mare?
«Ora siamo appena ripartiti ma il governo ha tenuto ferma la nave di Open Arms per sei mesi. La motivazione era: “Non ci sono le condizioni di sicurezza per farvi operare”. Visto che l’Italia aveva chiuso i porti non avevamo più un porto sicuro e vicino in cui portare i migranti salvati. Il governo spagnolo è allineato con le politiche italiane e europee».
La crisi migratoria coinvolge anche la Spagna?
«In Spagna ci sono molti sbarchi, visto che arriva tutta la rotta marocchina. Questo è uno dei fattori che hanno portato alla vittoria del partito di estrema destra Vox nel Sud della Spagna. Qui il flusso migratorio è più forte e la pressione degli sbarchi più sentita. Si contano moltissimi arrivi sulle coste meridionali».
In queste regioni gli arrivi dei migranti sono argomento di dibattito politico come in Italia?
«Il governo spagnolo non vuole che il dibattito si accenda sugli sbarchi dal mar Mediterraneo. Ma anche loro hanno il problema di gestire i flussi migratori».
Foto di copertina: Ansa | Riccardo Gatti, capitano della nave Open Arms
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