Ha vinto Orbán: in Ungheria il governo controllerà la ricerca scientifica
L’8 luglio, in Ungheria, è entrata in vigore una legge approvata la settimana scorsa che pone la ricerca scientifica sotto il controllo del Governo di Viktor Orbán. 40 istituti di ricerca, gestiti finora dall’Accademia delle scienze (Has), passano sotto la direzione di un ente pubblico con dirigenti nominati dal governo. La legge deve essere ancora ratificata formalmente dal Presidente János Áder.
Complice di questa manovra il ministro dell’Innovazione della tecnologia Laszlo Palkovics, per il quale era necessario cambiare «per aumentare l’efficienza delle ricerche e la competitività del Paese». L’Accademia delle scienze verrà gestita da 13 figure nominate dal primo ministro Viktor Orbán, che potrà pronunciarsi anche sulle nomine dei direttori scientifici.
Le proteste contro la legge
Il 2 giugno scorso hanno marciato a migliaia per le strade di Budapest per protestare contro la misura. In testa al corteo un folto gruppo di scienziati, secondo cui la norma è anticostituzionale e mina la libertà accademica. Per gli studiosi, Orbán cerca di impedire lo svolgimento di ricerche sociologiche e storiche che metterebbero in discussione la narrativa del governo nazionalista e le sue scelte politiche ed economiche.
«Orbán non vuole sentire voci critiche, e vuole far tacere la scienza scomoda», ha affermato Laszlo Lovasz, il direttore dell’Istituto di scienze sociologiche. Anche la comunità scientifica internazionale si è detta profondamente preoccupata dall’iniziativa del governo ungherese. La fondazione tedesca Max Planck Society ha scritto una lettera aperta al governo ungherese, così come l’Europea ALLEA.
I cittadini ungheresi si sono però scagliati non solo contro questa misura specifica, ma in generale contro i passi che Orbán sta compiendo per ottenere il controllo totale su giustizia, media e università. Anche la Commissione europea ha detto di voler monitorare la sorte delle ricerche in Ungheria, perché «è inaccettabile qualunque limitazione della libertà accademica e delle ricerche».
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