Ex-Ilva, sindacati delusi dal vertice con Di Maio e azienda. A Taranto, la procura spegne un altoforno
Secondo incontro al ministero dello Sviluppo Economico in pochi giorni tra Luigi Di Maio, i sindacati e l’azienda sulla situazione occupazione nello stabilimento ex-Ilva di Taranto. Ma sulla riunione, durata tutto il pomeriggio, incombono due notizie: l’ordine della procura di Taranto di spegnere l’altoforno numero 2 e i documenti resi noti dal Sole 24 Ore secondo cui Ancelor-Mittal (attuale proprietaria del sito) può recedere dal contratto di affitto siglato il 14 settembre 2018 dal ministro Di Maio se decade l’immunità.
Su questo secondo punto, la presa di posizione del ministro Di Maio arriva a incontro ancora in corso ed è affidata a fonti del ministero dello Sviluppo Economico: «Sulle fonti di stampa relative al contratto siglato con ArcelorMittal, secondo le quali nel contratto sarebbe citata l’esimente penale, una modifica della quale legittimerebbe Mittal a sciogliere il contratto, preciso che non è affatto così».
Ma se finora la data chiave era il 6 settembre (termine entro in quale Ancelor-Mittal aveva minacciato di chiudere lo stabilimento di Taranto) in questo momento sono le conseguenze dell’inchiesta penale sull’incidente che aveva portato alla morte di un operaio nel 2015 (Alessandro Morricella) a preoccupare di più. Chiudere infatti l’altoforno 2 significa chiudere la principale parte produttiva dell’acciaieria.
In più c’è la cassa-integrazione partita dal 1 luglio per circa 1400 operai. I sindacalisti presenti all’incontro hanno fatto sapere che l’azienda non ha comunicato se al termine delle 13 settimane farà rientrare in azienda questi lavoratori. «E’ come stare sul Titanic a chiacchierare del più e del meno mentre stiamo andando contro un iceberg» ha sintetizzato Bruno Manganaro, segretario genovese della Fiom.
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