Tegola per Palamara sotto procedimento disciplinare al Csm: respinta la richiesta di sostituire Davigo e Ardita
Brutte notizie per il pm romano Luca Palamara, indagato per corruzione a Perugia e oggetto di un procedimento disciplinare al Csm per il quale rischia la sospensione delle funzioni da magistrato e dello stipendio. Il collegio disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha respinto la richiesta di ricusazione di Piercamillo Davigo, avanzata dalla difesa di Palamara per sostituire il magistrato con un altro membro giudicante nel collegio.
Richiesta respinta perché tardiva
Nello specifico, la richiesta è stata respinta poiché presentata fuori tempo massimo. Ammessa invece ma respinta la richiesta di sostituire il pubblico ministero Sebastiano Ardita. Il collegio ha detto no alla seconda richiesta di ricusazione avanzata dal legale di Palamara, secondo cui ci sarebbero potute essere gravi ragioni di convenienza relative all’interessamento del pm siciliano all’esposto presento al Csm dal magistrato Stefano Fava.
Perché aveva chiesto la ricusazione
Il pm romano aveva richiesto la ricusazione dei due giudici che saranno chiamati ad esprimersi sulla sua sospensione dalle funzioni e dallo stipendio dopo la diffusione delle intercettazioni relative all’indagine di Perugia per corruzione. Il procedimento disciplinare è nato anche su richieste del Pg della Cassazione Riccardo Fuzio, anche lui indagato a Perugia per violazione del segreto d’ufficio, per le informazioni che avrebbe passato a Palamara relative all’indagine di Perugia. Fuzio è stato deferito ai probiviri da parte dell’Anm e ha deciso di lasciare la magistratura con un pensionamento anticipato che entrerà a regime il prossimo novembre in attesa che venga nominato il suo successore.
Luca Palamara si dice innocente
Nel pomeriggio di martedì 9 luglio, Palamara partecipa alla seconda udienza a porte chiuse a Palazzo dei Marescialli sulla sua sospensione. Nella prima udienza, il pm ha ribadito la sua innocenza e ha ribadito di non aver mai interferito nelle nomine, di non aver mai ricevuto denaro né regali come viaggi o soggiorni in hotel pagati dall’imprenditore Fabrizio Centofanti.
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