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Russia-Lega, l’ombra di Mosca sui Paesi Ue: da Farage a Le Pen, chi è andato a caccia di rubli

Francia, Germania, Austria. Ecco quali Paesi avrebbero ricevuto finanziamenti e aiuto dal Cremlino in cambio di politiche pro Russia

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta di BuzzFeed sulle trattative tra la Lega e il Cremlino per il presunto finanziamento della campagna europea del Carroccio, anche l’Italia viene toccata da quel clima di sospetto che ha già investito altri Paesi del continente.Da anni la politica europea vive all’ombra di indiscrezioni sui finanziamenti russi a partiti di estrema destra con lo scopo di adottare un’agenda politica a favore di Mosca. Anche oltre oceano, la presunta collisione della Russia nella campagna presidenziale di Donald Trump è finita al centro di una dibattuta inchiesta guidata dall’ex capo dell’Fbi Robert Mueller. Ma quali sono i Paesi europei sospettati di aver ricevuto finanziamenti dalla Russia?

Francia

Ansa/Marine Le Pen durante un convegno del Rassemblement National a Lille

Nel 2014 il partito francese di Marine Le Pen, alla ricerca di fondi per la futura campagna elettorale presidenziale, si rivolse alla Russia per ottenere un prestito. Il partito fondato dal padre, Jean-Marie Le Pen , era in crescita dopo essere stato ripulito degli estremisti che avevano caratterizzato l’avvento del Front National. Ma il gruppo stava attraversando difficoltà nell’ottenere una linea di credito dalle banche francesi. Le Pen, all’epoca, accusò le banche di discriminazione. Alla ricerca di soldi da una banca estera, il partito si rivolse a Jean-Luc Schaffhauser, un membro del Parlamento europeo eletto all’interno della coalizione del Front National.

Per anni Schaffhauser aveva cercato di costruire un’alleanza tra l’Europa e la Russia, un bastione cristiano contro l’Asia e il Medio Oriente. Durante il suo lavoro come consulente di aziende energetiche e aerospaziali francesi, disse di sognare, un giorno, di gestire una fondazione pro Russia che potesse distribuire denaro per avvicinare il Continente europeo a Mosca. Nel 2014 Schaffahuser, nel tentativo di trovare un prestito per Le Pen, organizzò un incontro con Alexander Babakov, l’inviato speciale del Cremlino per le organizzazioni russe all’estero. Babakov, nell’incontro faccia a faccia, propose un accordo a Schaffhauser attraverso una banca fondata in Repubblica ceca.

Nel settembre 2014 il Fronte Nazionale raggiunse un accordo per un prestito di 9.4 milioni di euro a un tasso di interesse al 6 per cento all’anno. Il pagamento finale era fissato per il 23 settembre 2019. I discorsi pro russia di Le Pen diventarono sempre più frequenti, ma la vicenda del prestito venne allo scoperto, grazie all’inchiesta del sito investigativo francese Mediapart. Le Pen fu travolta dalla critiche. La leader del Front National si difese dicendo che non aveva avuto altra scelta se non quella di rivolgersi all’estero e negò che i soldi avessero avuto un impatto sulla sua agenda politica. Qualche anno dopo il prestito la banca fallì, impedendo così a Le Pen di ricevere ulteriori finanziamenti.

Schaffhauser, da parte sua, aveva detto di aver ricevuto 140mila euro per il suo ruolo di mediatore. Allo stesso tempo Schaffhauser stava lavorando al Parlamento europeo per bloccare le sanzioni imposte dall’Ue alla Russia a seguito dell’annessione della Crimea, chiarendo che aver ricevuto soldi da Mosca non costituisse un conflitto di interesse. «Qual è il problem? Ho il diritto di essere contro le sanzioni».

Germania

Ansa/La leader dell’AfD Alice Weidel

Il 24 settembre del 2017 il partito Alternative für Deutschland (AfD) fu il primo partito di estrema destra ad entrare nel parlamento tedesco dalla fine della seconda guerra mondiale, ottenendo il 13% delle preferenze. La crescita del partito è dovuta a molti fattori. Uno su tutti la frustrazione generale per la politica di Angela Markel verso i migranti. Con la sua posizione contro l’immigrazione e gli attacchi all’Unione europeo, l’AfD è riuscito a rubare molti voti al CDU della cancelliera. L’AfD ha stimato che circa un terzo del suo sostegno provenga da elettori di lingua russa, molti dei quali si sono stabiliti in Germania dagli anni ’80; ora costituiscono il 5% della popolazione. Secondo diverse inchieste, tra qui quella del Times, il l’AfD avrebbe dirottato molti fondi per influenzare i l’elettorato etnico russo. Ha tradotto volantini e opuscoli in russo, ha gestito stand d’informazione e programmi di sensibilizzazione nei quartieri di lingua russa, e ha adattato la sua piattaforma agli interessi di questa comunità.

In materia di politica estera, tra i principali impegni dell’AfD ci sono l’abolizione delle sanzioni tedesche nei confronti della Russia e la ricerca di relazioni più calde con il presidente Vladimir Putin. Un soft power adottato anche da Mosca che attraverso i social media, le trasmissioni radiofoniche e televisive, gli organi di informazione sponsorizzati dal governo russo ha costantemente offerto agli spettatori una visione alternativa della realtà tedesca, spesso descrivendo la vita sotto la cancelliera Angela Merkel come pericolosa, depravata e antidemocratica trasmettendo notizie acritiche o elogiative sull’AfD.

Già ad aprile, un’inchiesta congiunta di Der Spiegel, Bbc e Repubblica aveva rivelato come la Russia stesse cercando di influenzare la politica europea. Le ricerche avevano messo in luce i rapporti tra il partito xenofobo tedesco e Mosca attraverso la ricostruzione dei movimenti dell’AfD a partire dal 2017. In particolare, l’ala più giovane dell’Afd, la JA, tramite il suo capo Markus Frohnmaier, avrebbe cercato un’alleanza formale con la sua controparte russa. Robert Schlegel, un membro della Duma, il parlamento russo e un funzionario di spicco di Russia Unita, partito di Putin, avrebbe discusso con Frohnmaier di un’unione per fermare «I movimenti euro-critici e sovrani che stanno guadagnando forza in tutto il continente europeo». Lo scorso anno alcuni membri dell’AfD sono finiti al centro delle polemiche per aver ricevuto, durante la campagna del 2017, un volo finanziato dal Cremlino per dei viaggi a Mosca.

Austria

A maggio il vice cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache è stato coinvolto nello scandalo dell’Ibizagate. Un video, diffuso dai quotidiani tedeschi Der Spiegel e Sueddeutsche Zeitung, incastrava Strache mentre prometteva appalti in cambio di finanziamenti al suo partito nel luglio del 2017. Tuttavia, non sono ancora chiare le modalità dell’accaduto. Il video è stato tenuto in cassaforte per due anni, prima di essere diffuso. Da quì il sospetto che dietro allo scandalo che ha travolto la destra austriaca non vi siano avversari politici. «Solo i servizi segreti sono in grado di mettere in atto un piano del genere e possono aspettare così a lungo prima di far scoppiare lo scandalo», aveva sostenuto il giornalista Johannes Boie.

Regno Unito

Ansa/Arron Banks

Arron Banks è stato uno dei maggiori donatori politici della Brexit. Uomo d’affari britannico è il co-fondatore della campagna «Leave Eu». In novembre, un’investigazione criminale prometteva di far luce su come Banks avesse finanziato la campagna per il Leave, dopo che la commissione elettorale inglese aveva dichiarato di avere «ragionevoli prove per sospettare» che Banks non fosse il vero finanziatore degli 8 milioni arrivati alla campagna pro Brexit. A marzo, un’inchiesta di Channel 4 aveva rivelato come una società finanziaria di proprietà di Banks avesse costruito rapporti d’affari con un oligarca legato al Cremlino, Siman Povarenkin per unire sei russi cercatori d’oro in un’unica società.

Cinque mesi prima del referendum del 2016 sulla Brexit, Banks fece un viaggio un Russia per incontrare funzionari della banca nazionale Sberbank per accellerare l’accordo. Alcuni esperti russi hanno dichiarato a Channel 4 che i documenti ritrovati suggeriscono come Banks e i suoi associati si aspettassero che i finanziamenti arrivassero in un modo o nell’altro direttamente dal governo russo. Sotto l’influenza di Putin, il governo russo è stato più volte accusto di aver appoggiato la Brexit e di aver lanciato delle operazioni sotto copertura per influenzare i risultati delle elezioni nazionali.

Nel febbraio 2016 un uomo d’affari russo, presentatogli dall’ambasciatore di Mosca a Londra, avrebbe offerto a Banks opportunità di affari multimiliardari con le miniere d’oro russe. Nello stesso mese Banks sarebbe volato a Mosca per incontrare finanziatori russi mentre Nigel Farage, leader del Brexit Party, intratteneva rapporti con la diplomazia russa nel Regno Unito a ridosso del voto sull’uscita dall’Ue.

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