Imane Fadil, conclusa l’autopsia a quattro mesi dalla morte: «Non è stata avvelenata»
Imane Fadil sarebbe morta lo scorso 1 marzo per cause naturali, dopo un mese di ricovero nell’ospedale Humanitas di Milano. Dalle prime indiscrezioni sull’esito dell’autopsia della testimone dei processi Ruby con imputato Silvio Berlusconi, come riporta l’Adnkronos, la conclusione in sintesi dei consulenti incaricati dalla procura di Milano ha escluso quindi ogni evidenza sull’ipotesi di avvelenamento, come sospettato agli inizi dell’indagine avviata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Luca Caglio e Antonia Pavan. Il lavoro degli esperti di Medicina legale di Milano, guidati dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, hanno chiarito l’assenza di tracce di avvelenamento dovuto a sostanze radioattive per la 34enne. Il lavoro di ricerca si è quindi orientato esaminando ossa, tessuti e sangue, per accertare i motivi della presenza di metalli, in particolare ferro, antimonio e cromo.
La concentrazione dei metalli sarebbe stata superiore alla norma, ma non ritenuta mortale e dunque non sufficiente, secondo i consulenti, a ipotizzarla come causa del decesso. Nella relazione collegiale si sottolinea come «non ci sarebbero risultanze indicative di avvenuto avvelenamento». Gli esperti hanno anche valutato l’ipotesi di una malattia rara o autoimmune, come l’aplasia midollare, per la quale il midollo dell’ex modella non sarebbe stato più in grado di produrre cellule sanguigne e piastrine. Una strada scartata, così come quella di possibili tumori. A distanza di quattro mesi, stando alle conclusioni degli esperti non ancora depositate in procura, non ci sono i presupposti per parlare di una morte sospetta.
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