Messico, arrestati tre italiani: falsificavano attrezzature cinesi per rivenderle con etichette di marche prestigiose
Tre italiani, probabilmente già sotto osservazione dell’Interpol, sono stati arrestati a Morelia, capitale dello stato messicano del Michoacan. Un gruppo di cittadini li ha catturati e consegnati alla polizia locale. L’accusa è di aver frodato decine di messicani nella vendita di attrezzatura per l’edilizia. Lo riporta il giornale messicano Reforma.
La truffa
Gli italiani acquistavano strumenti prodotti in Cina, soprattutto trivelle, trapani e saldatrici, per un valore medio che oscillava tra i 40 e i 60 dollari. Dopodiché, cancellavano ogni traccia della provenienza cinese e applicavano etichette di marche più prestigiose, come Makita e Lincoln Electric. I prodotti falsificati venivano rivenduti, con fatture false, a un prezzo spesso più che decuplicato, in media tra i 300 e i 1000 dollari.
La cattura
Secondo la ricostruzione del giornale messicano, un gruppo di cittadini si è diretto, la mattina del 12 giugno, verso una strada di Morelia dove stava transitando Ferdinando Garofalo. L’uomo guidava un furgone che trasportava le attrezzature destinate alla vendita. Un’altra anomalia è che, sul permesso di transito del veicolo, risultava il nome di un tale Carmine Esposito.
Dopo averlo consegnato alla polizia, lo stesso gruppo di persone si è diretto verso un magazzino dov’erano conservate decine di casse contenenti gli strumenti falsificati. Lì hanno identificato altri tre uomini, tali Pasquale Bruno, Gennaro Cardone e Vincenzo Siciliano, tutti con passaporto italiano. Solo Bruno non sarebbe stato consegnato alla polizia per ragioni ancora sconosciute.
Le fonti ufficiali e le aziende coinvolte
Non è stato diramato alcun comunicato ufficiale, né da parte della Guardia di finanza locale dello Stato del Michoacan, né da parte delle istituzioni nazionali. La filiale messicana dell’azienda giapponese Makita, la cui etichetta era stata utilizzata per falsificare i prodotti, ha dichiarato: «Chiediamo ai nostri consumatori di trattare solo con distributori autorizzati perché è l’unico modo per acquistare un prodotto davvero originale».
La giustizia popolare fatta su Facebook
Il caso è scoppiato quando, sul gruppo Facebook Revolucion Social, molti utenti hanno incominciato a scrivere di essere stati vittime della frode messa in atto da un gruppo di italiani. Secondo le testimonianze presenti sul social network, le truffe sarebbero avvenute negli Stati messicani di San Luis Potosi, Veracruz, Guanajuato e Nuevo Leon. Non solo: sempre su Revolucion Social ci sarebbero testimonianze provenienti da Honduras, Guatemala, Ecuador e persino Canada.
Un giro di carceri
Secondo Guillermo Valencia, amministratore del sito Revolucion Social, i detenuti stavano per essere rilasciati sotto cauzione perché il reato non è considerato grave. Ma a un certo punto sarebbero stati trasferiti del carcere preventivo di Barandilla, nella città di Morelia, a un’altra prigione non identificata. La misura cautelare sarebbe dovuta a un mandato di cattura pendente in Italia.
Un caso simile
Un anno e mezzo fa, al centro di uno scandalo simile, finirono altre tre italiani, Raffaele Russo, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino. Non è stato accertato, ma secondo un filone delle indagini anche loro avrebbero venduto strumenti falsi provenienti dalla Cina. I tre uomini, originari di Napoli, risultano però ancora dispersi: scomparsi a Tecalitlan, nello Stato di Jalisco, si sospetta che siano caduti vittime del crimine organizzato locale.
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