Polonia: il manifesto contro «l’ideologia Lgbt» e l’educazione sessuale nelle scuole
«Luogo libero dall’ideologia Lgbt». Questo appellativo non è tratta da un racconto distopico-fantascientifico ma è stato votato da decine di comuni e consigli regionali polacchi. Centri rurali di tutto il Paese hanno adottato infatti la risoluzione di abolire la «propaganda Lgbt da scuole case e luoghi di lavoro». Nel Paese infatti, il Partito sovranista di governo PiS (Legge e Giustizia) di Jaroslaw Kaczynski ha dichiarato la comunità Lgbtq+ il suo nemico numero uno, prima ancora degli immigrati.
Non è infatti più la xenofobia ad essere il cavallo di battaglia di populisti e nazionalisti che hanno conquistato l’Est Europa gridando all’invasione e all’islamizzazione dell’Occidente. La minaccia dell’ «assalto migratorio» è scemata: secondo un sondaggio pubblicato dall’European Council on Foreign Relations, un think-tank pan-europeo, la questione migratoria non preoccupa più l’elettorato come un tempo.
E i sovranisti l’hanno capito: in Romania il governo ha cercato di cambiare la Costituzione per bandire i matrimoni tra persone dello stesso sesso e in Ungheria gli omosessuali sono stati dichiarati un pericolo per la famiglia tradizionale. Nelle settimane che hanno preceduto le elezioni europee il polacco Kaczynski ha orientato la sua strategia sull’omofobia, dichiarando che il futuro della Polonia dipende dalla battaglia sull’omosessualità. Una campagna che non si è fermata dopo la vittoria schiacchiante del 26 maggio ma che continua in vista delle elezioni politiche che si terranno questo autunno nel Paese.
«Penso che la Polonia sarà una regione libera dagli L.G.B.T. Spero che lo sarà» ha affermato Elzbieta Kruk, del partito «Diritto e Giustizia». «Dobbiamo difendere la famiglia polacca. Dobbiamo difenderla furiosamente perché [l’omosessualità] è una minaccia alla civilizzazione, non solo per la Polonia ma per l’Europa intera, per l’intera civilizzazione basata sulla cristianità», ha affermato il leader del PiS.
Al grido omofobo della politica si uniscono voci influenti provenientidalla società civile. Il noto educatore e reverendo Marek Dziewiecki ha affermato durante una trasmissione radio che il “+” nello slogan “L.G.B.T.Q.+” sta per «Pedofili, zoofili, necrofili». Ora, anche i vescovi polacchi si sono schierati con il PiS, accusando il colosso dell’arredamento Ikea di «indottrinamento LGBT». La multinazionale svedese aveva infatti licenziato un suo dipendente per essersi rifiutato di rimuovere del materiale omofobo da lui pubblicato sulla rete aziendale.
Il materiale in questione definiva «uno scandalo» l’accettazione dell’omosessualità da parte del suo datore di lavoro e citava un passaggio dell’Antico Testamento in cui si afferma che partner omosessuali meritano la morte. «Da un punto di vista legale e di buon senso è inaccettable attaccare l’impiegato Ikea che ha rifiutato l’indottrinamento LGBT sul luogo di lavoro», hanno scritto i vescovi.
Varie autorità politiche hanno richiesto che la giustizia intervenga a sanzionare il comportamento di Ikea così come è avvenuto con l’artista Elzbieta Podlesna. Il suo dipinto della celebre Madonna Nera polacca versione arcobaleno avevano infatti iniziato a riempire le strade di Varsavia, per protestare contro l’intolleranza della Chiesa Cattolica.
Il 25 maggio, un gruppo di attivisti Lgbt si erano ritrovati su un ponte dove una persona transgender si era tolta la vita due settimane prima e avevano appeso una bandiera arcobaleno per commemorarla. Un drone che riprendeva la scena ha catturato il momento il cui la bandiera veniva brutalmente strappata da un passante.
Bart Staszewski, lo stesso attivista che ha pubblicato il video dell’accaduto, ha denunciato di essere stato fermato dalla polizia perché si rifiutava di consegnare alla polizia la sua bandiera arcobaleno.
Resiste la Polonia arcobaleno
C’è anche infatti in Polonia ci si ostina a dire no a questo spargimento di odio. Tra il 29 giugno e il 6 luglio nelle principali città del Paese le piazze si sono riempite di chi si oppone all’inasprimento dell’omofobia di Stato. A febbraio, il sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski ha dirmato una dichiarazione pro-LGBT che includeva la promessa di lanciare un programa educadivo che seguise le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Molti tra coloro che hanno firmato il manifesto «contro l’ideologia Lgbt», tra cui il consigliere di Swidnik Radoslaw Brzozka, citato da Reuters, hanno dichiarato di averlo fatto in opposizione alla dichiarazione di Varsavia «che va contro i buoni valori morali». Un sondaggio di CBOS, istituto statale di sondaggi, mostra che la maggiorparte dei polacchi è contraria alla «sessualizzazione dei bambini» tramite l’educazione sessuale nelle scuole.
Quello con cui i polacchi non sono d’accordo sembra invece essere l’omofobia. Sempre CBOS mostra che nel 2017, il 24% dei cittadini dichiara che essere gay non è normale, mentre nel 2001 erano il 41%. Il 16% nello stesso anno ha affermato che essere omosessuali è normale, contro solo il 5% nel 2001.
Un recente sondaggio condotto da Ipsos per il media OKO.Press rivela però che il 56% dei polacchi è a favore unioni civili, mentre solo il 52% adottava questa posizione due anni fa. Se lo spauracchio dell’immigrazione aveva trovato in Polonia un terreno fertile, non è detto che l’omofobia abbia la stessa attrattiva.
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