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Il contrattacco di Belpietro: «Volevano incastrare Salvini come Strache, ma…»

15 Luglio 2019 - 11:46 Redazione
Secondo il direttore della Verità, qualcuno ha teso una trappola al ministro dell'Interno

Il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, enuncia una teoria inquietante sul Russiagate della Lega: che si sia tentato di usare con Matteo Salvini lo stesso metodo che ha bruciato il vicecancelliere austriaco e leader del partito di destra Fpo, Heinz-Christian Strache.

Ricordate? Fu incastrato da un video che riprendeva il suo incontro a Ibiza con emissari di un mai precisato oligarca russo del petrolio, che gli offriva ingenti aiuti in cambio di una benevola opera di lobby. Come una bomba a orologeria quel video fu diffuso alla vigilia delle elezioni austriache.

Secondo Belpietro con Salvini lo schema doveva essere lo stesso, magari con la partecipazione all’incontro dell’hotel Metropol dello stesso leader leghista (che effettivamente vi era stato invitato, come racconta oggi il capo di Confindustria Russia al Corriere della Sera, che gli sconsigliò di andarci).

Aggiunge il direttore della Verità: «Nessuno si interroga su chi abbia avuto interesse a registrare il colloquio e poi a renderlo pubblico. Nessuno si chiede se i giornalisti dell’Espresso che per primi parlarono di questa storia davvero ascoltarono dal tavolo di fianco la conversazione tra Savoini e i suoi misteriosi emissari. Possibile captare un discorso in lingue diverse senza destare sospetti e riuscire a riportarlo senza errori? I colleghi del settimanale debenedettiano – chiede Belpietro – sono in grado di dimostrare di non essere stati loro a registrare il colloquio e di non essere stati loro a consegnarlo alla Procura? E in questo caso, se la registrazione non arriva da loro che pure hanno dichiarato di essere stati presenti, chi altri ha realizzato l’audio per poi consegnarlo alla magistratura? Come è poi possibile che la segretissima operazione che doveva pompare milioni nelle casse della Lega fosse nota ai giornalisti e anche ad altri che poi precostituirono una prova fonica della registrazione?».

Fin qui Belpietro. L’attacco ai giornalisti dell’Espresso è diretto. Sono Giovanni Tizian e Stefano Vergine, autori di un’inchiesta, Il libro nero della Lega, pubblicata da Laterza già cinque mesi prima dello scoop di Buzzfeed. Insieme a molte altre storie inedite, Tizian e Vergine raccontarono anche la riunione del Metropol.

Leggiamo: «Savoini era al tavolo seduto con altre quattro persone. Siamo riusciti a a individuarne una con certezza: Ylia Andrejevic Yakunin, manager molto vicino a Plugin, l’avvocato che ha ospitato l’incontro Salvini-Kozak. Al tavolo c’erano poi un traduttore russo un avvocato italiano e un altro italiano chiamato Francesco. La compagine ha trascorso oltre un’ora a discutere bevendo caffè espresso. Dopo i convenevoli iniziali Savoini ha elogiato il sovranismo di Salvini e glorificato l’amicizia con Putin e la Russia. Poi ha spiegato la sua geopolitica per l’Italia: “La Nuova Europa deve essere vicina alla Russia. Non dobbiamo più dipendere dalle decisioni di illuminati a Bruxelles o in USA. Vogliamo cambiare l’Europa insieme ai nostri alleati come Heinz Christian Strache in Austria, Alternative Fur Deutschland in Germania, la signora Le Pen in Francia, Orban in Ungheria, Sverigedemokraterna in Svezia”. Poi il consigliere di Salvini ha passato la parola ai tecnici che hanno trascorso il resto del tempo a disquisire i dettagli dell’affare: una fornitura di carburante russo. A vendere il gasolio sarebbe una compagnia di Stato russa. “Rosneft” dicono i russi. A comprare sarebbe Eni, l’azienda di Stato italiana. Si parla di grandi quantitativi. I russi propongono 3 milioni di tonnellate di diesel da consegnare in sei mesi o un anno. L’avvocato italiano dice che non c’è problema: assicura che Eni ha le capacità per comprarne anche di più all’occorrenza. Il diesel verrà venduto dalla Major russa con uno sconto minimo del 4% sul prezzo Platts, il principale riferimento del settore. Quel 4% di sconto sarebbe il finanziamento della Lega. Su richiesta dei russi le parti si accordano affinché lo sconto sia maggiore, ipotizzano un 6%. Con la promessa che tutto quanto superiore al 4% venga restituito ai russi».

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