Processo fatture false, Tiziano Renzi: «Se è reato chiamarsi così, sono colpevole»
Si è chiusa la mattina del 15 luglio a Firenze la breve udienza del processo per false fatture che vede imputati i genitori dell’ex premier Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, assieme all’imprenditore Luigi Dagostino, indagato anche per truffa. I coniugi sono indagati anche per bancarotta fraudolenta. Tutti e tre gli imputati hanno fornito dichiarazioni spontanee, ma solo Dagostino era presente in aula.
I fatti risalgono al 2015, quando Dagostino ricopriva il ruolo di amministratore delegato della Tramor, la società di gestione dell’outlet The Mall di Leccio Reggello (Firenze). L’imprenditore incaricò le società Party ed Eventi 6, entrambe di proprietà dei Renzi, di studi di fattibilità per lavori all’outlet.
Ora il giudice Filippo Gugliotta ha fissato l’udienza al 7 ottobre, per le richieste del pm Christine Von Borries e le arringhe dei difensori. In quell’occasione, probabilmente, il giudice pronuncerà anche sentenza di primo grado.
I Renzi hanno depositato le loro memorie in forma scritta. Secondo quanto riportato dall’avvocato difensore Federico Bagattini, «i coniugi Renzi hanno sostenuto quello che i loro difensori hanno già anticipato, e cioè che le due fatture sono assolutamente vere, relative a prestazioni effettivamente eseguite, e che tutte le tassi e le imposte relative a questa fatturazione sono state regolarmente versate».
Le dichiarazioni di Dagostino
Durante l’udienza, Dagostino ha affermato di aver agito per timore reverenziale nei confronti dei coniugi. «Quando ho visto l’importo delle fatture sono rimasto perplesso – ha detto – ma i coniugi Renzi erano i genitori del Presidente del Consiglio, ho subito la sudditanza psicologica e ho ritenuto di non contestare le fatture».
«Dopo questo fatto non ho più avuto rapporti di lavoro con Tiziano Renzi», ha aggiunto l’imprenditore. Il legale Bagattini ha risposto alle accuse di Dagostino sottolineando «se le avesse ritenute esose avrebbe dovuto non pagarle». Tuttavia, ha precisato, «se le ha considerate esose vuol dire che la prestazione c’era».
Tiziano Renzi: «Se è reato chiamarsi così allora sono colpevole»
«Mi indigno quando sento parlare di evasione, di lavoro nero, di assurdità che non mi hanno mai riguardato» si legge in un passaggio della memoria Tiziano Renzi. Il padre dell’ex premier ha dichiarato di aver «sempre lavorato» senza «bisogno di avere il figlio premier».
«Quando mio figlio è diventato presidente della Provincia nel 2004, la prima conseguenza è stata l’abbandonare tutti i rapporti con società partecipate di enti pubblici, a cominciare da quello con la Centrale del Latte di Firenze», si difende Renzi. «Ho sempre lavorato e dato lavoro. Chi dice il contrario mente».
«Se è reato chiamarsi Renzi – ha detto – allora sono colpevole, non c’è bisogno nemmeno di celebrare un processo. Giudicatemi, invece, per le prestazioni che ho svolto e per le tasse che ho pagato, non per il nome che porto. Sentirsi accusato di falsa fatturazione per chi ha sempre pagato tutte le tasse fino all’ultimo centesimo è avvilente».
«Non c’è nessuna fattura falsa, solo tante tasse vere», insiste nell documento. «Tutte pagate fino all’ultimo centesimo: questo è “oggettivamente esistente».
Laura Bovoli: «Sono passata da nonna premurosa a lady truffa»
«Mi scuso per non essere in aula», scrive la madre dell’ex premier nella sua memoria. «Ho quasi 70 anni e non ho mai avuto nessun problema con la giustizia fino agli ultimi 12 mesi, dove sono passata da cittadina irreprensibile a criminale incallita, da nonna premurosa a lady truffa».
Motivando ancora la scelta di non essersi presentata in aula, Bovoli continua: «Non reggo l’emozione. E non mi va di piangere in pubblico. Quello che è certo è che non ho truffato nessuno, ho sempre pagato tutte le tasse e ho seguito le stesse procedure che hanno consentito di lavorare per 35 anni senza nessun problema e creando qualche posto di lavoro».
«Io non sono una lady truffa», ribadisce nel documento. «Spero che la giustizia possa appurarlo e spero soprattutto che i miei nipoti possano vedere riconosciuta la verità. Sono una nonna di dieci ragazzi e bambini e ho vissuto con dolore il modo nel quale i media hanno descritto la mia vita».
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